Lecco ricorda foibe ed esuli: fiaccole per accendere la memoria

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LECCO – “Abbandonammo la nostra cara casa, le nostre tradizioni, i sapori e gli odori della terra dove eravamo cresciuti. Mia madre si voltava a guardare la nostra abitazione, forse pensava che un giorno sarebbe tornata ma dalle lacrime che le scendevano sul volto capivo che, infondo, lo sapeva che non l’avrebbe più rivista”.

E’ la testimonianza di Sergio Baratto, esule istriano, a rendere ancor più carico di significato il Giorno del Ricordo celebrato martedì a Lecco, il 10 febbraio così come nelle altre città Italiane. Nato nel 1933, Sergio Baratto quando le truppe slave invasero l’Istria aveva all’incirca 10 anni, “pochi ma sufficienti per vedere e capire la tragedia che ci stava capitando” come ha spiegato lui stesso di fronte alla folla di cittadini e rappresentati delle istituzioni riuniti sul Lungolario, di fronte all’insegna dedicata alle vittime delle Foibe.

La medaglia consegnata a Sergio Baratto dal viceprefetto Turrisi (a sinistra) e dal sindaco Tentori
La medaglia consegnata a Sergio Baratto dal viceprefetto Turrisi (a sinistra) e dal sindaco Tentori

Quando nel maggio 1945 iniziò l’occupazione di Fiume, “la fuga era diventata per tutti una scelta obbligata” e nel settembre del 1946 riuscì a scappare con la famiglia su un camioncino che si dirigeva verso Trieste, pagando una “lauta ricompensa” all’autista.

“Eravamo perseguitati non perché fossimo criminali fascisti, nemici del popolo come molti pensavano. Volevamo solo continuare ad essere cittadini italiani, nati in terra italiana – ha proseguito – l’Italia però non ci ha accolto bene, il rancore arrivava da una minoranza ubriacata da una pesante campagna di propaganda della sinistra che, protesa a salvaguardare l’immagine del comunismo, ci additava come ricchi fascisti che fuggivano dalle magnifiche sorti progressiste del comunismo di Tito. A fuggire era sì l’imprenditore, il nobile e il professionista, ma anche il contadino, l’operaio, il pescatore”.

monsignor Cecchin insieme a Sergio Baratto
monsignor Cecchin insieme a Sergio Baratto

Durante le celebrazioni, Sergio Baratto, residente a Barzago, ha ritirato la medaglia al valore dedicata allo zio Sergio, vittima della pulizia etnica delle truppe comuniste di Tito, “uno dei martiri che hanno immolato la loro vita per difendere la nostra città di Fiume” ha sottolineato mentre il viceprefetto vicario Gennaro Turrisi gli consegnava la medaglia accompagnato dal sindaco di Barzago, Mario Tentori.

“Il ricordo delle vittime di ogni sorta di persecuzione, passate e recenti, deve essere un monito per tutti – ha sottolineato il viceprefetto – affinché queste non si ripetano, impedite dalla consapevolezza che ogni offesa recata ad un sol uomo è un’offesa recata all’umanità intera”.

Per il presidente della Provincia, Flavio Polano, quella degli esuli istriani e delle vittime delle foibe, “è una triste pagina della nostra storia, i cui fatti e verità sono state soggiaciute. Fare memoria significa restituire la dignità a chi ha perso la vita e a chi è stato costretto ad emigrare”.

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Il presidente della Provincia, Flavio Polano, interviene durante le celebrazioni

“Oggi il dramma degli esuli e delle foibe non è più rimosso ed è sempre meno oggetto di fazione strumentalizzazioni – ha sottolineato il presidente del consiglio comunale di Lecco, Marelli – Il giorno del ricordo nasce per non dimenticare il massacro che non c’era e coprire un vuoto di memoria che la legge ha colmato solo nel 2004. Ricordare significa continuare a dare conforto collettivo a chi è rimasto e a non dimenticare le persone vittime di una violenza indescrivibile, ricordiamo l’orrore contro l’umanità ma anche l’errore dell’oblio, la congiura del silenzio che è la sconfitta più amara di una società”.

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Le celebrazioni sul Lungolario sono state precedute da una silenziosa fiaccolata, partita dal piazzale antistante al Comune, scendendo da via Cavour verso il lungo lago. Una corona di fiori è stata deposta sull’insegna dedicata al ricordo di questa tragedia.

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