Padre Cupini: “Un anno dalla morte di Sidny, Keisi e Simona”

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LECCO – “Un anno fa siamo stati improvvisamente scossi nella nostra vita personale e collettiva. Lo spettro del male ci ha richiamati con violenza a misurarci con la follia che oltrepassa ogni limite e genera morte, una morte inflitta da chi ha generato, che ha poi vegliato le figlie”.

Padre Angelo Cupini ricorda il tragici avvenimenti del 9 marzo 2014, il giorno della strage di Chiuso, quando tre piccoli angeli, Sidny, Keisi e Simona trovarono la morte per mano della loro stessa madre Edlira. La più grande delle sorelline aveva 13 anni, la più piccola solo tre, uccise nella notte tra sabato e domenica con un coltello da cucina. Un dramma che ha sconvolto l’intera città.

Padre Angelo Cupini
Padre Angelo Cupini

Lunedì, anniversario della scomparsa delle tre bimbe, padre Cupini si recherà in Albania per stare accanto alle due famiglie toccate dalla tragedia e agli abitanti del piccolo villaggio vicino a Kukes al confine con il Kosovo, dal quale la famiglia Dobrushi era partita per raggiungere l’Italia e dove riposano le spoglie delle bimbe.

Cupini aveva aperto le porte della sua comunità, la Casa sul Pozzo, situata a pochi passi dalla casa dove vivevano i tre angioletti, per ospitare le tre piccole bare bianche, salutate per l’ultima volta dai lecchesi prima della partenza verso l’Albania.

Il prossimo 24 marzo è attesa l’udienza del processo che vede imputata Edlira Copa, la quale non potrà comunque essere condannata poiché ritenuta incapace di intendere e volere. La donna è attualmente reclusa nel carcere psichiatrico di Castiglione delle Stiviere dove avrebbe tentato più volte il suicidio.

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Il ricordo di Angelo Cupini:

“A un anno dalla morte delle tre sorelline Sidny, Keisi, Simona

Un anno fa siamo stati improvvisamente scossi nella nostra vita personale e collettiva. Lo spettro del male ci ha richiamati con violenza a misurarci con la follia che oltrepassa ogni limite e genera morte, una morte inflitta da chi ha generato, che ha poi vegliato le figlie.

Due famiglie hanno retto il male, lo hanno portato come un peso tremendo e ci hanno insegnato a resistere.

Ultimo saluto lecchese alle bimbe - Chiuso (2)

Un territorio, allibito, ha dovuto trovare un’altra strada oltre quella più immediata dello schierarsi o del distribuire responsabilità. Una strada che ha portato a sostituirsi nella scena come parte viva: se fosse toccato a me.

Le confessioni religiose che hanno dovuto toccare il mistero e confessare il punto più nucleare da mettere a disposizione: la propria fede in una persona, Gesù o il Profeta.

Scuole - Chiuso e Maggianico - Dramma (9)

La vita civile della Città, in molte delle sue espressioni, è uscita allo scoperto, si è lasciata toccare e ha espresso una vicinanza alla vita della gente. Tutti ci siamo sentiti più persone dentro un destino di responsabilità collettiva e reciproca.

L’informazione locale è stata rispettosa, partecipe, non ha gridato la notizia; si è lasciata attraversare dal pianto trattenuto delle persone.

Una casa sul limitare delle vite di tanti giovani è stato lo spazio naturale per accogliere e vivere il dolore, il perdono, la fiducia; per custodire una memoria rigenerata dalla fede e dalla fiducia delle tante persone che l’hanno abitata anche per pochi minuti.

Chiuso - dramma  (2)

E’ passato un anno. La memoria è nel cuore e nel quotidiano. Un albero di ciliegio è stato piantato nel nome delle tre sorelline e curato con amore da giovani che vengono da altre parti del mondo.

Il prossimo lunedì, 9 marzo, verrà vissuto un gesto corale nel paese delle origini, in Albania, raccogliendo la tradizione del luogo. Nella nostra Città il dramma ha generato non lapidi ma gesti quotidiani di responsabilità, di pensiero e di prossimità.

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