LECCO – La stampa li ha definiti “super batteri” ovvero quei batteri in grado di resistere agli antibiotici e un rapporto del Governo Britannico ha calcolato che, in caso di epidemia, potrebbero causare la morte di 80 mila persone e 200 mila contagiati.
Anche la Casa Bianca lo scorso anno ha presentato nuove misure atte ad incrementare l’efficacia dei farmaci per combattere le infezioni causate da questi batteri.
A Lecco, i medici dell’ospedale Manzoni conoscono bene l’importanza del tema e da anni lavorano per contrastare l’insorgere di infezioni, diventando tra i nosocomi italiani con le percentuali più basse per numero di casi riscontrati tra i pazienti.
“I media ne parlano poco, al contrario lo sforzo dell’ospedale è grande” spiega Paolo Bonfanti, primario del reparto di Malattie Infettive.
Come si generano batteri resistenti alle terapie antibiotiche? “Una delle cause è proprio il cattivo uso degli antibiotici, da parte di medici che magari ne somministrano in modo indiscriminato, con terapie più lunghe del necessario oppure a pazienti che non ne necessitano – spiega il primario – per questo da almeno cinque anni, da quando ho assunto l’incarico in ospedale, sensibilizziamo i medici di base ad un utilizzo più consapevole degli antibiotici e il personale dell’ospedale ad operare in sicurezza su pazienti affetti da batteri non trattabili”.
Nello specifico, si tratta di batteri che si trovano principalmente nell’intestino, in alcuni casi il paziente ne è solo portatore, in altri possono insorgere infezioni in grado di produrre patologie come la sepsi .
I pazienti più a rischio sono anziani provenienti da case di cura o da altri ospedali poiché le strutture sanitarie sono luoghi dove vi è possibilità maggiori di esposizione, oppure pazienti immunodepressi od oncologici.
“Su questi soggetti, al loro arrivo in ospedale, viene effettuato un tampone rettale per verificare la presenza di questi batteri. Nel caso vengano riscontrati , il paziente viene posto in isolamento e, in caso di infezioni, trattato con una combinazione di antibiotici. Se invece il soggetto è un portatore sano, allora viene dimesso; basta il rispetto delle più elementari norme igieniche per evitare di trasmettere il battere ad altre persone”.
L’ospedale di Lecco, come anticipato, si pone ben al di sotto della media nazionale di casi riscontrati su pazienti: considerando il battere Clostridium difficile, utilizzato come indicativo in questo tipo di valutazione sanitaria, a Lecco nel 2013 ne sono stati riscontrati 2,47 casi ogni 10 mila giornate di degenza contro una media italiana di 3,6 casi; nel 2014 il dato lecchese è sceso a 2,35 casi.