Dopo l’animato consiglio di ieri sera (vedi articolo), l’associazione Qui Lecco Libera ha diramato il seguente comunicato che riportiamo integralmente:
“La decrepita Seconda Repubblica genera mostri, lasciando sul campo dell’impegno in buona fede soltanto macerie. Non ci sono altre parole per riassumere ciò che è accaduto questa sera, lunedì 24 ottobre, durante il Consiglio Comunale di Lecco. Il Presidente del Consiglio, Alfredo Marelli, garante delle “regole” soltanto quando queste gli sono favorevoli, ha proposto un minuto di silenzio e di raccoglimento in memoria dello scomparso padre Tentorio, freddato nelle Filippine pochi giorni fa. Il silenzio, proprio perché personale, è pratica intima, complessa. C’è chi lo propone e lo mette in scena per retorica vuota e chi lo “celebra” personalmente, come accidenti gli pare.
E’ per questo che siamo rimasti seduti, mentre il resto della platea, tra una risata e un’altra, si alzava in piedi a metà tra il pianto e la nausea da recita. Chi avrebbe mai pensato che un rituale così “privato” potesse dar il là alle smanie infantili e strumentali di un “eterno giovane” come il consigliere Zamperini (Pdl o giù di lì). “I componenti dell’associazione Qui Lecco Libera non hanno avuto rispetto per Don Tentorio. Se fosse stato un Carlo Giuliani qualsiasi sarebbero saliti sulle scale”, ha balbettato. Speculando sul nulla pensava di conquistarsi il “bravo” dei capetti di schieramento.
Ci siamo permessi di rispondergli, essendoci sentiti attaccati gratuitamente da un signor nessuno. “Taci, pagliaccio. Non ti permettere di giudicare i comportamenti intimi degli altri”. Come fare altrimenti? Quella che sembrava una sortita cretina si è trasformata in una sceneggiata indecorosa del Presidente Marelli (Pd). “Identificateli e accompagnateli fuori”, ha sentenziato. Chi? Zamperini e Castelli? No: noi. Abbiamo opposto un secco “no” alle richieste incessanti dei poliziotti. “E’ una questione di principio: perché veniamo espulsi?”. Bilancio conclusivo: 25 minuti di sospensione, due consiglieri di maggioranza che timidamente ci esprimevano solidarietà (privata, mai pubblica) e il “povero” Castelli nella veste del Pubblico Ministero (“questa si chiama resistenza a pubblico ufficiale, è una dittatura violenta della minoranza, è come la Val Susa”).
Da lì è iniziato il ricatto mediatico del Presidente Marelli. Non volendo accettare il fatto che una maggioranza eletta al grido “cambiamento” si sia ritrovata a prender ordini da qualche impresario o a farsi dettare l’agenda da para-associazioni più vicine al passato che al futuro promesso, ha imposto il diktat: “se non uscite non riprende il Consiglio”.
Immaginandoci la cagnara mediatica (“Qui Lecco Libera ostacola i lavori e la Città è ferma a causa degli estremisti radicali bacchettoni e alla ricerca di visibilità”) abbiamo scelto di piegarci. A questo punto la “resistenza” ha lasciato spazio alla “desistenza”.
L’unica riflessione seria che si può fare in momenti così vergognosi – com l’essere attaccati dallo Scilipoti locale e venir additati come responsabili dell’immobilismo – è prendere atto dell’inutilità pubblica dell’impegno per e nelle istituzioni. Non interessa a nessuno. Non interessa alla maggioranza tanto quanto alla minoranza.
A chi declina il termine “governare” in indisturbato “regnare” e a chi lo sopporta, fingendo d’indignarsi a comando, non possiamo che lasciar libero il campo: ve lo meritate”.
Qui Lecco Libera