LECCO – Le trattative per l’acquisto di un giocatore sono il pane quotidiano nel mondo del calcio. Alcune si concludono con una firma nero su bianco, mentre altre sfumano anche in modo repentino e inaspettato, fino a qui è tutto normale, ma quello che a Lecco ha fatto diventare la trattativa con l’attaccante Adama Diakite un vero e proprio “caso” sono due elementi legati tra loro a doppio filo: i protagonisti della vicenda, ovvero il presidente Paolo Leonardo Di Nunno e l’ex patron Daniele Bizzozero (già proprio lui), e le modalità con cui la trattativa è stata portata avanti.
Il presidente Paolo Leonardo Di Nunno, infatti, nonostante abbia alle dipendenze un direttore generale, Emanuele Riboldi, e un direttore sportivo, Erminio Gizzarelli, per colloquiare con l’attaccante ivoriano Diakite ha deciso di rivolgersi all’ex patron bluceleste. Proprio quel Daniele Bizzozero a cui, durante le conferenze in sala stampa, chiese fermamente di non essere più associato per nessun motivo, chiedendo di non definirlo “un suo amico”, facendo sapere che non gli risponde più al telefono e, stoccata finale, dichiarando pubblicamente che “ormai deve rassegnarsi al fatto di non contare più nulla nella Calcio Lecco”. L’elenco potrebbe continuare ancora perché il presidente Di Nunno non ha mai perso occasione per dire “peste e corna” dell’ex patron Bizzozero.
La trattativa, poi, si è conclusa con l’ivoriano che ha firmato col Taranto Calcio proprio mentre, a detta di Bizzozero (le cui parole erano avvalorate dal mandato ricevuto da Di Nunno), sarebbe stato in viaggio verso Lecco, però, a sconvolgere non è l’esito della contrattazione in sé, ma il fatto che il presidente abbia scelto di affidarla a una persona da lui tanto criticata scavalcando, di fatto, l’organigramma societario da lui stesso deciso.
Di Diakite, infatti, il direttore generale sapeva soltanto che la trattativa era condotta da Daniele Bizzozero e nessuno da lui in giù sapeva e poteva dare notizie sull’andamento dell’operazione. E’ nelle piene facoltà di un presidente affidare a chi vuole acquisti e cessioni dei suoi giocatori, ma è altrettanto nelle piene facoltà di chi segue il Lecco chiedersi il perché di determinate scelte e il perché costituire un preciso organigramma societario per poi non rispettarlo.
A raccontarla sembra più una barzelletta che una semplice operazione di calcio mercato, ma c’è poco da ridere perché se da una parte il Lecco sembra aver risolto (almeno in parte) i propri problemi sul campo, dall’altra la serenità societaria, tanto richiesta anche dal presidente stesso, è continuamente sconvolta a colpi di Harakiri.