Il caso della raccolta fondi per i lavori al centro islamico di c.so Promessi Sposi
L’assessore: “Pregare è un diritto e il Comune non è dotato di un piano sui luoghi di culto”
LECCO – La vicenda è emersa qualche giorno fa, dopo che il messaggio rivolto ai fedeli musulmani, con l’invito alla raccolta fondi per i lavori di ammodernamento del centro culturale islamico di corso Promessi Sposi, è finito sui social accendendo una discussione.
Lunedì sera, se n’è parlato anche in Consiglio Comunale con l’interrogazione avanzata da Giacomo Zamperini (Fratelli d’Italia) che ha chiesto chiarimenti all’amministrazione.
“Pregare non è un reato ma siamo di fronte ad un associazione che sta raccogliendo soldi per realizzare una moschea, non un dopo-scuola, e questi interventi sono regolamentati da misure ben precise – ha commentato il consigliere comunale – non si vuole vietare a nessuno la preghiera, ma nel momento in cui nessuna associazione, per la situazione legata al Covid, può ritrovarsi per le proprie attività, è un reato riunirsi in spazi non adibiti a luoghi di culto e fare cerimonie”.
Il sindaco Mauro Gattinoni ha spiegato che l’associazione in questione, il ‘Centro culturale La Città’, “è presente a Lecco da diversi anni, è attiva nel volontariato con attività rivolte ai propri connazionali, principalmente cittadini di origine marocchina ma non solo – ha sottolineato Gattinoni – e stanno attrezzando questi spazi per il proprio centro culturale che in questo momento è in fase di ristrutturazione, quindi non è frequentato e non si verificano assembramenti”.
Pregare non è un reato e soprattutto “è un diritto costituzionale” ha ricordato l’assessore all’Urbanistica, Giuseppe Rusconi, precisando che in Comune, al momento, non è stata presentata alcuna pratica di cambio della destinazione d’uso dei locali. Non sarà comunque necessaria.
Il Comune, ha spiegato l’assessore, oggi non possiede un Piano per le Attrezzature Religiose (PAR), lo strumento urbanistico introdotto dalla Regione nel 2015 con un provvedimento soprannominato ‘legge anti-moschee’ perché, nel suo intento, voleva porre un freno al moltiplicarsi dei luoghi di preghiera islamici.
Se l’ente comunale, però, manca di dotarsene, allora viene tutelato in primis il diritto di libertà religiosa, come del resto sancito dalla Consulta nel 2019. “L’intervento – ha spiegato Rusconi – deve essere quindi trattato come tutte le altre pratiche edilizie che si attengono al piano dei servizi”.
“Sono sorpreso – ha replicato Zamperini – mi chiedo allora perché il Comune non si sia ancora dotato di questo piano”.