LECCO – I cinghiali stanno togliendo il sonno agli imprenditori agricoli che, in ampie fasce di territorio, contano ogni giorno i danni provocati come un vero e proprio “bollettino di guerra”.
“Il problema è fuori controllo in tutta la provincia, con una recrudescenza particolare in Valle d’Intelvi, dove non passa giorno che giungano segnalazioni di pascoli e prati devastati” commenta il presidente di Coldiretti Como-Lecco Fortunato Trezzi.
E se da Lanzo fino ad Argegno si contano danni per decine di migliaia di euro, meglio non va nell’area dell’intero triangolo lariano, in Valsolda, in Val Menaggio, Val Rezzo, Val Cavargna e, più in generale, nell’intera zona dell’Alto Lago. Dati confermati dal responsabile dell’Ufficio Zona Coldiretti di Menaggio, Giuseppe Naimo.
I risarcimenti? Sono dovuti. Ma non risolvono il problema, come invece chiedono i produttori agricoli, che rivendicano – e a ben ragione – il loro diritto a “raccogliere il frutto del proprio lavoro”.
“L’azione risarcitoria, per legge, spetta all’ente pubblico” aggiunge il direttore della Coldiretti interprovinciale Francesco Renzoni. “Oltre a raccogliere le segnalazioni dei propri associati, Coldiretti sta sollecitando da tempo le istituzioni a trovare una soluzione efficace”.
Gli agricoltori vanno direttamente coinvolti per affrontare il problema: le stesse imprese agricole possono svolgere un ruolo attivo sia (se autorizzate) col posizionamento e la gestione di gabbie di cattura, sia con il coinvolgimento degli stessi imprenditori nell’avvisare i selecontrollori, in modo da sollecitare un loro intervento immediato laddove si verifichi un avvistamento dei cinghiali.
Ciò che serve, per Coldiretti, è una concreta “solidarietà delle istituzioni” per affrontare il problema: va creato un tavolo di concertazione ad hoc che individui soluzioni vere e percorribili: non dimentichiamo che l’agricoltura è l’unica attività che gestisce ed esercita una costante manutenzione del territorio: territorio che, senza di essa, è destinato all’abbandono.
Uno scenario tutt’altro che esagerato: la drammaticità della situazione in alcuni alpeggi, infatti, sta ponendo a rischio la loro stessa sopravvivenza. Molti allevatori sono stati costretti ad utilizzare il fieno delle loro scorte, anche per colpa della siccità estiva.
L’invasione dei cinghiali ha dato ai pascoli alpini la “mazzata finale”: fare alpeggio rischia quindi di diventare antieconomico e senza la presenza dell’agricoltura, si rischia l’abbandono di ampie porzioni di territorio montano.
“Coloro che siedono nella “stanza dei bottoni” debbono riconoscere il ruolo multifunzionale dell’impresa agricola, particolarmente in un territorio come quello delle nostre valli”.
E il problema non si limita alla sola provincia di Como. Come sottolinea il vicedirettore di Coldiretti, Rodolfo Mazzucotelli, “i primi danni si stanno verificando anche in provincia di Lecco, in particolare in Val Varrone e a Colico, zone finora relativamente tranquille: il timore è che con la maturazione delle castagne, gli ungulati potranno spingersi ancora di più nei prati determinando una recrudescenza del fenomeno. E’ importante che anche in provincia di Lecco si realizzi un piano concreto di prevenzione della problematica”.