Quest’anno l’inverno sembra non volere ammantare di bianco le nostre montagne e di questa particolare situazione ne traggono profitto gli animali che sono soliti abitare le più alte cime dei monti. Tra questi c’è sicuramente il Camoscio.
Insieme allo Stambecco, di cui abbiamo già parlato in un’altra puntata della rubrica Attimi, il Camoscio (Rupicapra rupicapra) è l’indiscusso padrone delle più impervie e remote aree delle nostre montagne.
Questo mammifero ha una corporatura media raggiungendo nei maschi un peso massimo di circa 45 kg e un’altezza al garrese, cioè alla spalla, pari a circa 70-80 cm.
Il colore del manto è marrone scuro con mascherina bianca sul muso; biancastra è anche la parte ventrale e il pelo intorno alla corta coda.
Come accade per tutti i mammiferi di montagna, anche la pelliccia del Camoscio compie due mute annuali, una primaverile e una autunnale. All’inizio dell’inverno il manto diviene più folto e scuro per meglio sopportare i rigori dell’inverno e assorbire maggiormente il calore dei raggi del sole. In primavera invece il pelo è più corto e rado e di colore marroncino, tinta che lo aiuta nel mimetismo nei pascoli alpini spesso aridi e rinsecchiti nelle stagioni estive.
Un elemento distintivo del Camoscio è costituito dalle corna che sono nere a uncino ricurvo all’indietro. Le corna del Camoscio non cadono mai nel corso della sua vita e pertanto continuano a crescere incessantemente rendendo così possibile attribuire l’età agli esemplari contando i nodi e i segni di crescita delle stesse, nonché verificando la loro lunghezza.
I sessi sono molto simili tra di loro tant’è che in giovane età è praticamente impossibile distinguere i maschi dalle femmine senza un controllo accurato.
Solo dopo i due anni di vita comincia a vedersi una certa differenziazione nei sessi: il maschio infatti è più tozzo e massiccio e talvolta dotato di una criniera sul dorso. La femmina invece ha una siluette più slanciata e longilinea.
Le zampe del Camoscio sono dotate di zoccoli molto morbidi che gli permettono di arrampicarsi, correre e saltare sulle rocce più impervie e di fare presa anche sulle più minime asperità. Vedere con quanta abilità il Camoscio riesce correre e lungo percorsi che per noi umani richiedono particolari doti di equilibrismo e virtuosismi alpinistici è sempre una esperienza che lascia a bocca aperta: resto sempre meravigliato ogni volta che vedo dove e con che facilità questi animali sono capaci di arrampicarsi.
Il Camoscio ha un solo predatore, dal momento che il lupo è praticamente scomparso dai nostri territori: l’Aquila reale costituisce un pericolo per i piccoli del Camoscio che vengono predati con una picchiata ed una planata. Talvolta l’Aquila attacca anche esemplari adulti: ho personalmente assistito ad un attacco di un’aquila ad un Camoscio adulto che è stato letteralmente spinto in un burrone. Una volta precipitato a terra, e naturalmente morto, l’Aquila ha provveduto a nutrirsi della carcassa, che però non ha potuto trasportare al nido perché troppo pesante.
Nel nostro territorio il Camoscio è piuttosto comune: con un po’ di attenzione è quasi sempre possibile scorgere qualche esemplare addirittura dalla strada carrabile che conduce a Morterone a ridosso della prima falesia di roccia.
Spesso durante le sere invernali è possibile scorgere un piccolo branco che pascola tranquillamente a fianco della strada provinciale sui piani di Balisio.
Francesco Renzi
www.francescorenzi.com
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