“Siamo pronti a un tavolo per trattative concrete, ma se i problemi non possono essere risolti non continuate a proporceli”. È la risposta di Giovanni Mauri, presidente degli Istituti Riuniti Airoldi e Muzzi, ai lavoratori della casa di riposo che martedì hanno organizzato un presidio. “Abbiamo fatto varie riunioni nel corso dei mesi – spiega Mauri – e putroppo alcune richieste non possiamo accoglierle, soprattutto quelle economiche. In questo momento infatti non ci sono i soldi per alzare gli stipendi e la nostra politica è quella di cercare di non aumentare le rette, visto che da due anni non le stiamo toccando”.
Nella lotta sindacale è centrale la parità contrattuale tra assunti prima del 1999 e quelli dopo. Significa essere inquadrati o meno alle condizioni dei dipendenti pubblici. “Fino a dodici anni fa – ribadisce Giovanni Mauri – l’istituto era una Ipab (Istituto pubblico di assistenza e beneficenza), poi è diventato un ente privato di diritto pubblico. Dal 2007 una sentenza della Corte Costituzionale ha decretato che ogni struttura può scegliere per i propri dipendenti il tipo di contratto. Noi optammo per l’Uneba (Unione nazionale istituti e iniziative di assistenza sociale), lasciando inalterato il contratto di chi era già assunto, putroppo non possiamo ritoccarli tutti verso l’alto”.
Un’altra richiesta dei lavoratori dell’Airoldi e Muzzi riguarda tre giorni di permesso retribuito da utilizzare qualora motivi familiari debitamente documentati obblighino all’assenza. “Al punto due dell’articolo 19 del contratto di lavoro – indica il presidente Mauri– c’è scritto che alla domanda del dipendente possono essere concessi tre giorni all’anno per vari motivi, può essere ad esempio il ricovero in ospedale di un parente. In presenza di ferie arretrate possiamo rifiutarci di autorizzarli. È chiaro che nel caso in cui un lavoratore abbia esaurito i giorni di riposo siamo ben lieti di elargire il permesso. È solo questione di buon senso”.