Catalogo delle single, l’avvocato: “Pronte al processo penale”

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La copertina del "Catalogo delle Donne Sigle di Lecco" il caso aveva sollevato un grosso polverone e anche la trasmissione Le Iene
La copertina del discusso Catalogo di donne single

 

LECCO – La sua scoperta è diventata in breve tempo un caso mediatico di cui tra gli altri si è occupato anche il noto programma televisivo Le Iene. Stiamo parlando del Catalogo di donne single di Lecco, ebook realizzato e messo in vendita sul web per poco più di 6 euro contenente un elenco di profili Facebook di donne single residenti in città (oltre 1.200 quelli selezionati all’autore).

La scoperta del Catalogo risale all’inizio di maggio e immediata era stata la mobilitazione della Provincia di Lecco, tramite la consigliere alla Parità Adriana Ventura che da subito aveva condannato l’atto definendolo senza mezzi termini “aberrante e offensivo nei confronti delle donne” e annunciando di voler andare a fondo della faccenda.

Pochi giorni dopo la notizia della pubblicazione del catalogo, diverse donne si erano rivolte alle forze dell’ordine per denunciare di essere finite – a loro insaputa – nell’elenco in questione e di aver ricevuto in breve tempo richieste di amicizia da sconosciuti sulla propria pagina Facebook.

A distanza di quasi cinque mesi da quel clamore è l’avvocato Marisa Marraffino, esperta di reati informatici a fare il punto sulla class action condotta dalle donne che a vario titolo si sono sentite danneggiate dalla pubblicazione del catalogo.

L’autore del catalogo ripreso dalle telecamere delle Iene in un servizio andato in onda lo scorso maggio

 

La via che il legale ha deciso di intraprendere è quella penale anche se (sempre che si arriverà al processo) la battaglia non si preannuncia facile.

“Ad oggi – ha spiegato – sono state depositate 15 querele presso il Tribunale di Lecco, e siamo in attesa di ricevere l’avviso di conclusioni indagini da parte delle forze dell’ordine che nei mesi scorsi hanno perquisito l’abitazione dell’autore del catalogo e condotto un accertamento tecnico irripetibile sul suo computer. Accertamento che ci ha permesso di identificarlo come effettivo responsabile dell’illecito”.

Di lui, Antonio Nicola Marongelli, 49 anni, autore del chiaccherato Catalogo, al momento non si hanno notizie: “E’ comparso davanti al Pubblico Ministero, la dottoressa Silvia Zannini, per rispondere ad alcune domande – ha fatto sapere l’avvocato Marraffino – dopo di che abbiamo perso le sue tracce. Siamo in attesa della richiesta di rinvio a giudizio, che dovrebbe arrivare, ci auspichiamo, dopo la conclusione delle indagini“.

In caso di apertura del processo penale l’uomo dovrà rispondere dei reati di diffamazione e trattamento illecito dei dati e rischia fino ad un massimo di 5 anni di reclusione.

L’avvocato Marisa Marraffino

Una condanna che però difficilmente verrà inflitta come spiegato dal legale: “Dal punto di vista penale siamo di fronte ad un processo non facile, innanzitutto per la mancanza di precedenti: questo sarebbe il primo caso in Italia. Quindi, soprattutto per la diffamazione, per le prove, che vanno preparate ed argomentate bene: fino a che punto la richiesta di amicizia ricevuta da uno sconosciuto su Facebook può essere ritenuta prova per dimostrare la diffamazione in questo specifico caso? Sarà il giudice a stabilirlo”.

Dal punto di vista civile invece nessun dubbio: “L’illecito civile per quanto riguarda il trattamento dei dati personali c’è ed è gia stato dimostrato. Un primo grande risultato – ha detto l’avvocato – è già stato raggiunto: impedire la realizzazione di altri cataloghi simili in Italia. I disagi patiti dalle donne che hanno sporto querela non vanno presi con leggerezza: nel catalogo non c’erano solo single ma anche vedove e persino alcune minorenni. Queste ultime sono state prese in carico dal Tribunale dei Minori”.

Senza contare che il catalogo è stato sì ritirato dal web, ma la sua circolazione non è interrotta: “Purtroppo non sappiamo in quante mani è finito, bisognerà chiarire anche questo punto, così come il volume di affari generato dalle vendite” ha concluso l’avvocato.

Marraffino e le sue donne stanno aspettando anche un’altra risposta: quella del Garante della Privacy al quale, a inizio giugno, hanno inviato un esposto relativo alla privacy su Facebook: “Chiediamo una riflessione sulle impostazioni di sicurezza – ha spiegato il legale – oggi quelle di Facebook di default prevede che i nostri dati siano pubblici, in America così come in Europa dove invece vigono principi legali differenti. Alcuni tipi di informazione dovrebbero essere visibili solo agli amici e comunque dovrebbe spettare all’utente deciderne l’eventuale diffusione”.

In attesa della risposta del Garante a supporto della richiesta è stata lanciata una petizione sulla piattaforma change.org: quasi 600 quelle raccolte fino ad oggi.