Salone della Camera del Lavoro della Cgil gremito nella serata di giovedì, in occasione dell’incontro con Enaiatollah Akbari, giovane afghano protagonista del libro “Nel mare ci sono i coccodrilli”. Promossa dal Comitato lecchese per la campagna “L’Italia sono anch’io”, l’iniziativa è stata l’occasione per conoscere più da vicino la vicenda del personaggio principale del volume scritto da Fabio Geda, edito da De Dalai Editore e finalista al Premio Strega 2011. Una storia, in sintesi, che vede un giovanissimo afghano, all’epoca intorno ai dieci anni, avventurarsi in un mondo difficile e spesso ostile, nel tentativo di raggiungere il tanto ambito “occidente”.
«Ero ancora un bambino – racconta Enaiatollah – quando mia madre mi propose di lasciare il nostro paese, allora terra dei talebani, alla volta del Pakistan. Superato il confine, è stata lei stessa a lasciarmi mentre dormivo: si è trattato di un gesto d’amore, del desiderio di permettermi, nonostante la giovanissima età, di cercare di costruire una vita migliore». Da qui ha inizio un lungo viaggio attraverso più Paesi, un percorso complesso, ricco di imprevisti e difficoltà da superare, «tra cui il problema dell’illegalità – riprende – e della mancanza di permessi di soggiorno. Dal Pakistan ho raggiunto l’Iran, poi la Turchia, la Grecia e, infine, l’Italia. Ripensando alla vita in Afghanistan – prosegue – ricordo un episodio che mi ha segnato profondamente: frequentavo la scuola e un giorno i talebani sono entrati nell’edificio e hanno intimato agli insegnanti di terminare le lezioni e chiudere l’istituto. A una iniziale e comprensibile resistenza da parte degli insegnanti ha fatto seguito il loro assassinio, proprio davanti agli occhi di tutti noi studenti. Da lì in poi la nostra vita non sarebbe più stata la stessa: la scuola è stata chiusa e noi bambini non abbiamo potuto studiare, socializzare, condurre un’esistenza “normale”. Molto spesso – continua Enaiatollah – capita che le persone non sappiano esattamente chi sono gli immigrati di cui tanto si parla, forse anche a causa dei mezzi di informazione. Quante volte “afghano” ha significato nell’immaginario comune “talebano”? Credo che un modo per facilitare l’integrazione sia iniziare a conoscere meglio le persone e la loro storia».
Ed è proprio in quest’ottica che è stato organizzato l’incontro con Enaiatollah, parte del programma di sensibilizzazione sul tema dell’immigrazione messa in atto dal Comitato per la campagna “L’Italia sono anch’io”. «In sintesi – spiega Davide Ronzoni, presidente dell’Arci lecchese – si tratta di un progetto volto a modificare alcuni aspetti del nostro ordinamento. Attualmente in Italia vivono circa 5 milioni di persone straniere, che sono residenti nel nostro Paese ma alle quali non è riconosciuta la nazionalità italiana. Per questo motivo è nata l’idea di costituire un comitato in grado di proporre dei veri e propri disegni di legge per il riconoscimento – conclude – della cittadinanza ai figli dei migranti nati in Italia e del diritto di voto amministrativo ai migranti residenti in Italia da 5 anni».