Servizi socio-sanitari, l’analisi di Galbiati: “Integrazione prioritaria”

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Filippo Galbiati
Filippo Galbiati, sindaco di Casatenovo e presidente del Distretto di Lecco

LECCO – “Confrontandoci con altri Distretti e con l’area monzese il nostro territorio è sicuramente in una situazione di vantaggio per quanto riguarda l’integrazione socio-sanitaria, dovuta anche alla capacità di collaborazione tra i diversi comuni e al coordinamento a livello di Asst che in altre province manca”.

Filippo Galbiati, sindaco di Casatenovo e presidente del Distretto di Lecco, parla chiaramente e in relazione al Distretto lecchese che riunisce tutti gli 88 comuni della Provincia come da riforma socio-sanitaria regionale, si dichiara fiducioso: “So che la situazione non è affatto facile, l’ambito è delicato e tante sono le dinamiche da seguire, ma sono fermamente convinto che questo territorio meriti di avviare una riflessione più approfondita nell’ambito di integrazione socio sanitaria perché rispetto ad altri ha qualcosa da dire e da fare in più”.

Mercoledì sera in sede di commissione consiliare Galbiati è stato ospite a Palazzo Bovara per illustrare ai consiglieri il funzionamento, in linea generale, del Distretto lecchese. Un assetto completamento nuovo, quello definito dalla riforma di Regione Lombardia, “non solo a livello di organizzazione sanitaria ma anche nella rappresentanza degli enti. Nello specifico – ha spiegato Galbiati – siamo passati da due livelli )il Consiglio di Rappresentanza e i tre distretti di Merate, Bellano e Lecco) a tre (il Cdr Monza-Lecco, i due distretti monzesi di Vimercate e Monza e quello lecchese). Il lavoro che stiamo facendo è quello di cercare di capire le competenze dei vari livelli: il Cdr in quest’ottica è il luogo in cui si definiscono le linee di indirizzo fondamentali sul tema dell’integrazione sociosanitaria e sociale, di cui i comuni sono poi il tramite con la cittadinanza”.

Lo scorso aprile l’Ufficio di Coordinamento (che rappresenta il Distretto con i suoi tre ambiti) ha approvato il documento sulla partecipazione, prefissandosi di definire le linee di sviluppo del Piano di Zona in preparazione. Tra fragilità sociale, integrazione socio-sanitaria e accoglienza sono in totale quattro le macro-aree individuate da Galbiati: “In primo luogo la fragilità delle famiglie e il lavoro. La fragilità sociale incrocia in modo molto pesante il tema della disoccupazione e l’inclusione al lavoro di questa fascia debole di persone deve essere una priorità. I Comuni sono supportati sempre meno dai centri d’impiego provinciali, è un dato di fatto e su questo bisognerà lavorare”.

Quindi il tema centrale dell’integrazione socio-sanitaria: “Questa legge non è stata fatta dai Comuni – ha premesso Galbiati – ma dalla Regione che ha istituito le Ats per far sì che venisse applicata. I Comuni devono essere pronti a permettere l’interlocuzione però. Qualcosa di molto timido si sta muovendo nello sviluppo dei servizi e ribadisco la mia convinzione: questo territorio è più pronto di altri e può dimostrare di esserlo, pensando ad un modello gestionale e ai servizi che possono incrociare il mondo sanitario migliorando la qualità della vita”.

Quando il Pronto Soccorso è affollato o in ospedale mancano posti letto – ha proseguito Galbiati – vuol dire che non c’è un filtro territoriale adeguato che possa prendersi in carico i malati cronici e lavorare nei giusti tempi sulla loro qualità di vita, in primis a livello sociale. In questo senso un ‘pezzo’ di sanità vera dovrebbe essere collocata sul territorio, per servire dei centri diagnostici di base e contribuire ad abbattere le liste di attesa su cui già si è cercato di lavorare allungando ad esempio gli orari dei servizi o in termini di personale. La presa in carico di un malato non può oramai avvenire senza un programma di guida e accompagnamento”.

Galbiati ha toccato anche il dibattuto tema dell’accoglienza dei migranti: “La qualità dell’accoglienza incide sulla vita dei nostri cittadini – ha commentato – ma purtroppo la situazione attuale non è tra le più rosee. Gli arrivi sono continui e le Prefetture hanno difficoltà ad affrontarli. Con serenità dobbiamo ammettere che serve uno sforzo supplementare da parte dei comuni che non hanno ancora contribuito a gestire questa emergenza, rifiutandosi di accogliere i migranti”.

Dall’analisi di Galbiati l’accoglienza diffusa sembrerebbe ben lungi dal realizzarsi: sugli 88 comuni della Provincia di Lecco solo 29 hanno dato disponibilità ad accogliere un numero di migranti nelle strutture gestite da cooperative. I più generosi sono stati i valsassinesi e la città di Lecco. I meno accoglienti sono stati invece i comuni della Brianza: “Su 24 solo 5 hanno accolto i profughi. Serve dunque maggiore impegno: concordo sul fatto che dobbiamo impegnarci perché i numeri degli arrivi non aumentino ma la situazione ora è questa e non può essere gestita con una concentrazione di presenze in un unico comune o territorio, serve condivisione”.

L’analisi si è conclusa con un focus sul terzo settore: “La Provincia di Lecco è nota per la grande forza costituita dai volontari e dai privati ‘sociali’ come li definisco. Anche qui serve un dialogo continuo, che va portato avanti. Il terzo settore è una risorsa importantissima”.

“Alla luce di queste riflessioni il mio invito resta quello di portare avanti una progettualità condivisa nel segno dell’integrazione sociosanitaria di cui i comuni dovranno essere i protagonisti” ha concluso il presidente.