Intervista al dottor Paolo Bonfanti, primario del reparto di Malattie Infettive al Manzoni di Lecco
“Prudenza opportuna, stiamo capendo le dimensioni del fenomeno e anche le caratteristiche della malattia”
LECCO – Un paziente di 17 anni dalla Valtellina, studente a Codogno, poi un caso riscontrato sul territorio, un 30enne di Cassago Brianza. Anche l’Ospedale Manzoni di Lecco è in prima linea per l’emergenza Coronavirus. Nel reparto di Malattie Infettive, diretto dal dottor Paolo Bonfanti, sono attualmente tre i pazienti positivi al Covid 19 ricoverati: l’ultimo e terzo caso, un signore di 84 anni di Lipomo, è stato indirizzato al nosocomio lecchese nella serata di mercoledì.
Si può davvero parlare di epidemia? Ed è vero che il Coronavirus è da considerarsi alla stregua di un’influenza? Qual è la situazione attuale e, soprattutto, cosa dobbiamo aspettarci? Per fare chiarezza abbiamo intervistato il primario di Malattie Infettive del Manzoni, il dottor Bonfanti.
Dott. Bonfanti, innanzitutto quali sono le condizioni dei pazienti contagiati attualmente ricoverati?
I pazienti ricoverati si trovano attualmente in buone condizioni generali, entrambi si trovano in fase di guarigione. Dal loro decorso si conferma quello che emerge dalla maggior parte dei casi, ovvero che, allo stato attuale e per quanto ne sappiamo, il Coronavirus è molto simile ad una forma influenzale e solo in percentuale molto basse si manifesta con un quadro clinico grave.
Possiamo parlare di epidemia? Lei come giudica l’evoluzione di queste settimane?
Possiamo assolutamente definirla epidemia, nel nostro paese ci sono più di 400 casi, non solo il Lombardia, che attualmente resta la regione più colpita, ma anche in altre regioni. Quello che ci rassicura è che la stragrande maggioranza dei casi emersi hanno un legame con il focolaio dell’epidemia, il basso lodigiano, quindi non spuntano dal nulla ma andando a fare analisi più approfondite è emerso come i contagiati abbiano effettivamente avuto contatti con persone che vivevano in quella che oggi è stata definita ‘zona rossa0. Certamente non possiamo al momento escludere che scoppi un secondo focolaio, oltre a quello della bassa lodigiana: la Lombardia è una regione molto popolosa e interconnessa. Questa eventualità è allo stato attuale imprevedibile.
Nella nostra Provincia, infine, i casi che abbiamo testato fino ad oggi (6 tamponi erano stati effettuati su altrettanti studenti dell’Istituto di Agraria di Cogodno, ndr) sono risultati tutti negativi. L’impressione è che in questo momento il virus non stia al momento ‘circolando’ nella nostra Provincia. Il focolaio epidemico importante resta nel basso lodigiano.
Come si è attrezzato l’Ospedale e in particolare il suo reparto per affrontare questa emergenza?
Il reparto di Malattie Infettive è attrezzato per ricevere casi veri e sospetti ed è già stata attrezzata un’altra zona per accogliere eventuali casi in eccesso. Uno dei grossi problemi che abbiamo al momento è che i laboratori di riferimento a cui inviamo i test per farli analizzare e avere i risultati sono purtroppo oberati di lavoro e questo determina lunghi tempi di risposta da parte dei laboratori. Una situazione che si è venuta a creare a causa di una corsa al tampone, avvenuta nei giorni scorsi, che definirei impropria. Ad oggi è stata cambiata strategia, il tampone infatti dovrà essere effettuato su soggetti sintomatici, che presentano cioè febbre, e che abbiano avuto legami con la zona del focolaio epidemico. I pazienti asintomatici, invece non vanno testati. Dunque ora ci si dovrà attenere alle indicazioni dell’autorità sanitaria.
A proposito di tamponi, anche a Lecco ci si organizzerà per effettuarli qualora sia necessario?
Ci stiamo organizzando per farlo, il nostro laboratorio sta facendo le verifiche necessarie per potersi attrezzare e quindi effettuare le analisi dei tamponi effettuati. Questo sicuramente dimezzerebbe i tempi di attesa. Contiamo di poterci organizzare nei prossimi giorni.
Secondo lei è stata un’emergenza sopravvalutata?
Personalmente, capisco siano state prese misure che appaiono drastiche ma mi sento anche di dire che la prudenza in casi come questi è giusta. Siamo in una fase in cui stiamo ancora capendo le dimensioni del fenomeno e anche le caratteristiche della malattia, pertanto un po’ di prudenza e accortezza sono opportune. Sottolineo poi che le misure prese dal Ministero della Salute e dalla Regione, quali il riconoscimento dei casi e la quarantena, sono quelle previste dalla sanità pubblica in assenza di un vaccino contro questo virus. Ora dobbiamo capire con che rapidità procede il contagio, se con le misure prese si riesce a contenerlo o se si diffonderà con l’esplosione di focolai secondari, com’è successo in Veneto. In secondo luogo, dovremo capire la vera gravità della malattia che allo stato attuale, lo ribadisco, nella stragrande maggioranza dei casi si presenta come una forma influenzale lieve e moderata e solo in percentuale davvero ridotta letale. Chi oggi afferma che è come l’influenza o poco più si sbaglia: allo stato attuale non abbiamo i dati per dirlo con certezza. Bisogna stare a vedere: se aumentando i numeri di contagio la malattia si presenterà comunque per la maggior parte dei casi come una forma influenzale lieve/moderata penso che in un futuro certe misure potranno essere ridimensionate.
Ritiene giuste le misure messe in campo?
Alla luce di quanto appena detto direi di sì. Siamo di fronte ad un virus nuovo per cui ancora non esiste vaccino, all’inizio di un’epidemia la prudenza ci sta.
Cosa dobbiamo attenderci ora?
E’ difficile fare previsioni, siamo in una fase di studio e comprensione: le primissime misure prese per il contenimento sono sufficienti, i casi aumentano nell’ordine del centinaio di giorno in giorno, se questo numero si invertirà vorrà dire che stiamo facendo bene. Dovremo vedere se scoppieranno focolai secondari, non collegati all’epicentro lombardo della bassa lodigiana. Trovandoci di fronte a qualcosa di nuovo la preoccupazione è ammissibile. Credo sia necessario però abbassare i toni ed essere realistici, senza creare inutili allarmismi.