LECCO – Luci spente in sala. Un video ripropone una versione live di “Alle prese con una verde milonga”. Sul palcoscenico del Teatro della Società nessun pianoforte: è la conferma che l’ospite più atteso di questa nona edizione del Premio Alessandro Manzoni – Città di Lecco, il cantautore Paolo Conte, non si esibirà. Dopo Umberto Eco, Ermanno Olmi, Luca Ronconi, Mario Botta ed Emanuele Severino, quest’anno il Premio Alessandro Manzoni alla Carriera è andato, infatti, proprio a lui, l’avvocato di Asti, che nel tardo pomeriggio di sabato 19 ottobre è salito sul palcoscenico del Sociale di Lecco per ritirare il riconoscimento con cui ogni anno la città omaggia una personalità della cultura europea capace di raccogliere gli insegnamenti di Alessandro Manzoni.
“Mi avrai, verde milonga inquieta, che mi strappi un sorriso di tregua ad ogni accordo mentre…mentre fai dannare le mie dita”, continua la melodia diffusa in sala fino a quando, al crescendo delle luci, il pubblico del Sociale comincia a guardarsi intorno curioso ed emozionato. A salire sul palcoscenico sono inizialmente coloro che per poco più di un’ora converseranno amichevolmente con il cantautore piemontese, per il momento ancora nascosto dietro le quinte. Tra loro l’ex direttore dei Musei Civici di Lecco, Gian Luigi Daccò, e due membri del Club Tenco, il giornalista Enrico De Angelis e lo storico presentatore del Premio Tenco, Antonio Silva. Poi, finalmente, con quel suo passo e portamento discreto, ecco entrare il grande ospite della giornata, autore di pezzi memorabili come “Bartali”, “Via con me…”, “Sotto le stelle del jazz”, “Genova per noi” o “Diavolo rosso”.
Ad aprire la conversazione, come si poteva immaginare, una serie di dovuti parallelismi con lo scrittore milanese cui il premio è intitolato, a partire dal fatto che entrambi, Manzoni e Conte, hanno manifestato la loro difficoltà nell’utilizzare la lingua italiana, un idioma che non sempre si rivela così adatto alla metrica sia poetica che musicale. «Pur riconoscendo alla lingua italiana una grande bellezza – spiega il cantautore – questa rimane per certi versi inadeguata, fatta di parole troppo lunghe e di accenti sulla penultima sillaba. L’italiano, purtroppo, non ha l’elasticità tipica, ad esempio, dell’inglese, lingua perfetta per chi prima scrive la musica e poi ci mette le parole. Ci vuole molta pazienza e bisogna lavorare con matita e, soprattutto, gomma alla mano. Con la musica – prosegue – aleggi in sensazioni alte, difficili da descrivere. Poi ci metti le parole e tutto viene incanalato in qualcosa di molto più preciso, chiaro, definito. Non è semplice mantenere quelle sensazione iniziali». E poi, chiaramente, l’altro grande elemento manzoniano: il ruolo del contesto, del paesaggio, dell’ambientazione storica che fa da sfondo a diviene protagonista della stessa narrazione. Che siano paesaggi di campagna o, in molti più casi, contesti urbani, nelle canzoni di Conte l’ambientazione mantiene un ruolo fondamentale e la storia individuale si intreccia, anche qui, con la grande Storia.
Ma al di là dei riferimenti manzoniani, il pomeriggio di sabato è stata l’occasione per conoscere meglio un uomo forse un po’ schivo nei confronti delle luci della ribalta. Il suo successo in paesi esteri come la Francia o l’Olanda, quest’ultimo particolarmente «e forse inspiegabilmente amante della canzone “Max”»; il suo pubblico, simile in tutto il mondo, pacato e colto; il rapporto con i francesi, che difficilmente si sbilanciano nelle opinioni ma che poi si rivelano dei suoi grandi sostenitori. Infine la consegna del Premio Manzoni alla Carriera, la cui motivazione data dalla Giuria è che “al grande artista piemontese si devono le magnifiche canzoni che hanno fatto da colonna sonora a un quarantennio di vita italiana (…). Paolo Conte ha tradotto in un linguaggio originale, ricco di significative trame testuali e poetiche, luoghi, tipi, situazioni, storie, atmosfere dell’immaginario del nostro tempo. Restano nella memoria melodie e parole che hanno accompagnato la nostra vita, donandole magicamente un senso, come la poesia sa fare: “Azzurro”, “Messico e nuvole”, “Una giornata al mare”, “Genova per noi”, “Bartali”, “Via con me”… solo per citare alcuni celebri titoli”. Lui, con quel fare sempre riservato ed elegante, ha quindi ritirato il premio, ringraziato la città e, mentre dal grande schermo si diffondevano le note di “Diavolo rosso”, si è allontanato.