“Capolavori in periferia”: un’arte che nasce nei piccoli centri italiani

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Alessandro Delpriori, Giuseppe Frangi e Andrea Rutili hanno esplorato l’arte meno conosciuta, portandola alla ribalta nell’incontro “In grembo la speranza”

LECCO – L’opera d’arte patrimonio di una comunità: è il messaggio che emerge dal dialogo tra Alessandro Delpriori, Giuseppe Frangi e Andrea Rutili a una settimana dalla conclusione di “Capolavoro per Lecco“.

L’incontro dal titolo “In grembo la speranza” si è tenuto venerdì a Palazzo delle Paure a Lecco.  Al centro della conversazione, l’arte italiana “minore”, diffusa nei piccoli centri e nelle aree meno conosciute del paese. Secondo Delpriori (curatore della Mostra Capolavoro per Lecco e Docente all’Università di Camerino), quest’arte “non è affatto minore, ma possiede una straordinaria originalità e una ricchezza che la rende paragonabile a quella dei grandi maestri storici”. Frangi (giornalista e presidente dell’Associazione Giovanni Testori) ha sottolineato l’importanza di storici dell’arte come Testori, che ha valorizzato quest’arte sconosciuta, portandola all’attenzione del grande pubblico con i suoi articoli sul Corriere della Sera.

L’intervento di Rutili (Incaricato dei Beni Culturali ecclesiastici dell’Archidiocesi Spoleto-Norcia) ha messo in evidenza l’importanza del legame tra l’opera d’arte e la comunità che la produce: “L’arte appartiene a un luogo e a una cultura, è frutto del profondo legame tra luogo, committenza e popolo”. Un esempio di questa arte “periferica” è la Madonna adorante di Giovanni Antonio di Giordano, un’opera che, per la sua delicatezza e la sua tecnica, potrebbe appartenere più al “centro” che alla “periferia”.

Particolarmente rilevante è l’Umbria, una delle regioni più emblematiche, che già all’epoca di Roberto Longhi, storico dell’arte, veniva studiata per la sua pittura del Trecento. Longhi, infatti, è ricordato per aver portato alla ribalta artisti fino ad allora poco conosciuti, come Caravaggio, il cui inserimento nel panorama dell’arte italiana fu reso possibile anche grazie alla sua mostra del 1951.

incontro capolavoro per lecco

La discussione ha anche toccato il tema della collocazione delle opere danneggiate dal terremoto umbro, come la Madonna Adorante. Gli esperti hanno concordato che non si può prescindere dal legame profondo tra le opere e il luogo d’origine. Tuttavia, molte chiese e luoghi d’arte sono chiusi per mancanza di personale, come ha sottolineato Frangi, che ha chiamato a “inventare dinamismi nuovi, sfruttando la passione delle persone per la bellezza e l’arte” per favorire anche opportunità professionali per i giovani.

Frangi ha poi criticato la tendenza delle mostre milanesi, che si rivolgono principalmente alla terza età, trascurando le nuove generazioni e concentrandosi su un’offerta che spesso non valorizza appieno l’esperienza culturale, ma si limita a “specchietti per le allodole”. Delpriori ha aggiunto che i grandi musei rischiano di diventare “contenitori di opere decontestualizzate” che, purtroppo, comunicano solo in parte le emozioni e la passione che queste stesse opere suscitarono nel loro luogo d’origine.

Infine, Monsignore Bortolo Uberti, prevosto di Lecco e presidente dell’Associazione culturale Madonna del Rosario, ha sottolineato come “Capolavoro per Lecco” si stia affermando come un’iniziativa che coinvolge i giovani e li forma alla bellezza. Un evento che riconosce il valore dell’arte come patrimonio della comunità, e non come mero bene di consumo per esperti. Il successo di questa sesta edizione, con oltre 10.500 visitatori in una settimana, dimostra quanto sia forte l’interesse per questo tipo di arte, che ha saputo toccare il cuore di molte persone.

La mostra si concluderà il 6 marzo, ma l’eco di questo evento continuerà a far riflettere sulla valorizzazione dell’arte in periferia e sul suo legame indissolubile con la comunità che la ospita.