A Lecco il vero Salvator Mundi di Leonardo? Ecco i risultati delle nuove analisi

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Gli esiti delle indagini scientifiche confortano le ipotesi sulla possibile datazione dell’opera

I dati sono stati comparati con quelli acquisiti sul celebre Autoritratto Leonardesco della Biblioteca Reale di Torino

LECCO – “Non sono le indagini diagnostiche a decretare chi è l’autore di un disegno o, più in generale, di un’opera d’arte. Le indagini scientifiche costituiscono uno dei tasselli di un processo di attribuzione che deve necessariamente coinvolgere studiosi di diversa estrazione. La scienza analizza i materiali, fornisce informazioni sulle caratteristiche chimico-fisiche degli stessi, permette in alcuni casi di svelare particolari nascosti di un’opera; questi dati possono consentire di fare ipotesi sulla datazione dell’opera, di scoprire dei falsi, ma possono anche essere messi a confronto con i dati raccolti in occasione di analoghi studi diagnostici”.

E’ questa la doverosa premessa degli studiosi di A.R.T. & Co. (Applicazioni di Restauro, Tecnologiche e Conservative), spin-off dell’Università di Camerino che ha sede ad Ascoli Piceno presso il Laboratorio Unicam di Tecnologie e Diagnostica per la Conservazione ed il Restauro. Gli studiosi sono venuti a Lecco nei giorni scorsi per analizzare dal punto di vista strettamente scientifico il “Ritratto di Lecco”, opera di proprietà di due collezionisti privati e oggetto di approfonditi studi al fine di stabilire la sua attribuzione al grande Leonardo Da Vinci. Come in un film poliziesco, ormai da diversi mesi sono in corso una serie di indagini minuziose per svelare i misteri legati a quest’opera e, soprattutto, capire se effettivamente possa trattarsi del vero Salvator Mundi di Leonardo.

La sanguigna di Lecco e l’autoritratto di Torino a confronto

I tasselli da mettere insieme sono tantissimi e le tracce spesso sono sbiadite o nascoste dalla polvere del tempo. Lo scorso gennaio erano già stati resi noti i risultati dei primi studi sull’opera: indagini scientifiche sulla carta incrociate con indagini storiche che ragionevolmente consentono di non escludere che l’opera possa effettivamente essere del genio toscano. Un primo passo che oggi viene confortato da ulteriori preziose analisi circa la possibile datazione dell’opera.

Al termine delle indagini, 24 pagine di analisi tecniche e analitiche effettuate sul foglio del Ritratto di Lecco, gli studiosi hanno confrontato i dati con quelli acquisiti sul celebre
Autoritratto Leonardesco della Biblioteca Reale di Torino 1.

“Il foglio dell’Autoritratto presenta filoni distanziati di circa 27 mm, la stessa misura che si riscontra nel foglio oggetto della presente relazione; differisce invece lo spazio occupato dalle vergelle: 8-9 vergelle in 1 centimetro nel disegno di Torino, 6 vergelle nel disegno di Lecco. Lo spessore dei fogli è simile: 230 micron nel primo caso, circa 200 nel secondo.
Parzialmente differente la composizione della carta: canapa e lino nel foglio della Biblioteca Reale, cotone e lino nel foglio di Lecco. Assente la filigrana nel primo caso, mentre rimane dubbia la sua presenza nel foglio da noi analizzato. Altri disegni di Leonardo sono stati studiati in passato, altri lo saranno in futuro. Molto è stato scoperto – purtroppo non sempre pubblicato – e molto altro si potrà scoprire sui materiali e sul ‘modus operandi’ del Maestro, per via del progresso tecnologico, ma anche perché, come scrive Letizia Montalbano (‘Le tecniche grafiche dei disegni di Leonardo: considerazioni su alcune problematiche conservative’ – Diagnostica Conservazione Tutela: i disegni di Leonardo – Tavola rotonda): ‘Leonardo ha disegnato con tutte le tecniche in uso al tempo: tecniche liquide come gli inchiostri, applicati sia a penna che a pennello e tecniche a secco, come le punte metalliche, la pietra rossa, la pietra nera, il carboncino, il gessetto e alcuni pigmenti in polvere’. Una straordinaria ricchezza di metodi e materiali che merita di essere analizzata con le più moderne tecnologie scientifiche”.

“Un nuovo tassello va ad aggiungersi su un’opera che potrebbe divenire molto importante anche per veicolare il nostro territorio – hanno commentato i proprietari dell’opera -. Dagli esami diagnostici, tra le altre cose, è emerso come nel pigmento usato nel Cristo di Lecco vi sia la presenza di tracce di titanio dovuta alla compresenza oltre di ematite anche della ilmenite. In Italia questo minerale è abbastanza raro e presente in Trentino-Alto Adige, in Piemonte, nella provincia di Vicenza ma soprattutto nella provincia di Sondrio, specie in Valmalenco. La presenza di questo elemento è un ulteriore dato interessante per arrivare alla datazione dell’opera, dalla studiosa Annalisa Di Maria, già ipotizzata intorno al 1492, data che coincide, secondo fonti storiche, al passaggio di Leonardo dalla Valsassina, Valchiavenna e Valtellina”.

Molto interessanti anche le analisi (spettroscopia infrarossa) sulla composizione della carta, chiaramente di manifattura artigianale, che hanno rivelato la presenza, ovviamente, del segnale della cellulosa. La collatura (complesso di operazioni con cui, per mezzo di colle, la si rende impermeabile all’inchiostro) potrebbe essere a base di amido vista la presenza del caratteristico segnale che raggiunge, come intensità, quello della cellulosa. Infine non si evidenziano i segnali della gelatina. Assente il caratteristico segnale della lignina.

Una cosa è certa: il mistero di Leonardo affascina e il Ritratto di Lecco ha ancora molte cose da dirci, la ricerca sull’opera è appena cominciata…