LECCO – Un’ora e mezza e forse più di risate, con improvvisazioni e colloqui con il pubblico lecchese del Teatro della Società che più e più volte ha applaudito il comico Paolo Rossi, accompagnato dagli strumentisti Emanuele Dall’Aquila (chitarra), Stefano Bembi (fisarmonica), Alex Orciari (contrabbasso), in scena martedì sera con lo spettacolo “L’importante è non cadere dal palco. Lezioni di teatro”.
Un teatro che ha seguito sì un canovaccio, “Sarò trasparente – ha spiegato al pubblico Rossi – ci sarà un primo tempo di 55 minuti, poi una pausa di 10 – 15 dove noi usciremo dal palco e andremo al bar e poi altri 35 minuti. Finito, applausi, noi usciamo di scena e voi chiedete il bis… tutto chiaro?”, ma lasciando spazio però anche all’improvvisazione come solamente un vero “saltimbanco” – come lui definisce i comici – sa fare.
Lezioni particolari quelle ai quali ha assistito il pubblico di Lecco con cui Rossi ha voluto spiegare come nasce un comico e quali sono i segreti del “far ridere”. E lo ha fatto recitando, cantando e improvvisando. Rossi ripercorre nel suo spettacolo il meglio del suo repertorio, arricchito da aneddoti che riguardano la sua vita e il suo mestiere, svelando al pubblico quello che c’è dietro ai suoi pezzi migliori. Passando dal cabaret al Mistero buffo 2.0, attraverso Molière, Cecchelin, Jannacci, Gaber, fino ad arrivare a Shakespeare rendendo omaggio ai suoi colleghi, maestri, amici e mettendo in primo piano il lavoro dietro le quinte e i segreti del mestiere.
E allora ecco l’aneddoto di un periodo buio della sua vita, quando era arrivato a chiedere nei bar, alle 9 di mattina, “Gintonic con brioches, così per non dare nell’occhio” ed è in quel periodo che si è ritrovato a pensare di volerla fare finita ma, scese a patti col diavolo, che non volle la sua anima, ma il suo posteriore con la promessa di ridargli tutto: “amore, soldi, amici, spettacolo”. Dopo essere stato sodomizzato, il presunto lucifero gli ha chiesto l’età: “Quasi cinquantanni suonati (classe 1953, ndr)” fu la risposta alla quale il tizio rispose: “E tu a 50 anni credi ancora la diavolo…”. E se non ci si può crede al diavolo perchè mai si debba crede al matrimonio, “l’istituzione matrimoniale è fuori tempo ed è stata creata quando l’età media era fissata attorno ai trent’anni… per forza ci si sposava e si restava fedeli!”.
Ma un attore per diventare un comico deve imparare anche a morire e a conoscere la morte: “Ma come si fa, chiederete voi? Attraverso i sogni”. Ed è infatti attraverso il lavoro onirico che si conosce la morte, si ritrovano gli amici che se ne sono andati e si impara a trarre ispirazione anche da lì… ricordando una serie di epitaffi comici che personaggi con ampio senso dell’umorismo hanno voluto sulle rispettive tombe… “Il mio? se non me lo frega nessuno l’ho già pensato: vi aspetto tutti!”.
E tra le lezioni snocciolate da Rossi c’è anche quella sul vuoto di memoria, che passa attraverso la leggendaria l’esperienza del ’90 durante lo spettacolo Aspettando Godot di Beckett: con Jannacci, Gaber, Andreasi e lo stesso Rossi in scena. “Il vuoto di memoria è una brutta bestia per l’attore e in quell’occasione Andreasi fu colpito da alcune amnesie. Fu così che Jannacci, davanti all’ennesimo vuoto di memoria del collega mentre eravamo in scena, voltando le spalle al pubblico disse ad Andreasi: ‘Buttati per terra’. La sua idea, geniale, era quella di far sì che l’attore si accasciasse al suolo fingendo un malore per poter chiudere il sipario, rivedere il copione velocemente e riprendere. Lui invece cosa fece? Si rivolse al pubblico e urlò: ‘Buttati per terra!’ “.
E tra un lezione e l’altra, un aneddoto, una barzelletta (altra lezione su come si devono raccontare), una chiacchierata col pubblico e una canzone, ecco che emerge la regola principale per chiunque voglia diventare un attore comico: “non cadere dal palco” e Paolo Rossi martedì sera ha dimostrato a tutti, in modo magistrale, come si deve fare. Chapeau!

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