Uno spettacolo teatrale per celebrare il Giorno del Ricordo, ricorrenza fissata nel 2004 per il 10 di febbraio, con l’intento di non dimenticare il dramma degli esuli italiani dell’Istria, del Quarnaro e della Dalmazia. “Naufraghi nella tempesta della pace”, questo il titolo della pièce promossa da Provincia e Comune di Lecco e andata in scena sul palco del Teatro della Società nella serata di sabato 11. Un evento che, nonostante la recente nevicata in città, ha visto comunque una discreta partecipazione di pubblico, che ha riempito la platea del Sociale.
Ma entrando nel vivo, ad aprire la serata ci hanno pensato l’assessore alle Politiche sociali del Comune, Ivano Donato, e l’assessore provinciale alla Cultura, Marco Benedetti. Se il primo ha colto l’occasione per leggere ai presenti in sala una lettera di un esule, Benedetti ha evidenziato come il tema delle cosiddette foibe abbia «talvolta incontrato chiavi di lettura diverse, tanto che non sono mancate – ha affermato – le occasioni in cui questa ricorrenza sia stata vittima di una strumentalizzazione politica. La vicenda degli italiani in quelle terre non deve essere dimenticata e merita tutta la nostra attenzione, a prescindere dagli schieramenti politici. Ecco perché mi sento di condannare i recenti atti di vandalismo nei confronti della targa intitolata alle vittime delle foibe, avvenuti proprio in città nei giorni scorsi».
Conclusi gli interventi di apertura, ecco che lo spettacolo ha avuto inizio. In sintesi si è trattato di un mix di riferimenti storici, con tanto di mappe sul confine orientale, e di testimonianze di esuli, tutte interpretate dai due autori della pièce: Giorgio Boccassi e Donata Boggio Sola, della Compagnia Coltelleria Einstein di Alessandria. Senza troppa retorica, i due hanno, quindi, provato a illustrare una vicenda fatta di un continuo intrecciarsi di ostilità e interessi e che ha visto «in un primo momento gli slavi di quelle terre – ha spiegato Boggio Sola – vittime della ferocia fascista e, secondariamente, gli italiani residenti nei medesimi luoghi diventare a loro volta obiettivo di rappresaglie e violenza». Un odio razziale, quindi, che è stato il risultato di «un ingiusto assioma – ha aggiunto Boccassi – “italiani” uguale “fascisti”. Una corrispondenza, questa, che ha trovato concordi molti slavi sia nei giorni seguenti alla firma dell’armistizio tra Italia e alleati, sia nel periodo successivo, quando i partigiani di Tito hanno proseguito un discorso iniziato in precedenza». «Da qui – ha ripreso Boggio Sola – il concetto di “infoibare”, ossia gettare nelle foibe delle persone, vive o morte che siano, per cancellarle definitivamente dalla faccia della terra. Un gesto, questo, che tradizionalmente veniva compiuto dalle popolazioni di quei territori per eliminare scarti e oggetti vecchi, considerati inutili».
Lo spettacolo, della durata di circa un’ora e dieci, ha ripercorso le vicende di alcuni di questi esuli italiani, costretti a lasciare abitazioni, lavoro, abitudini proprio perché perseguitati dai loro ex vicini di casa, e ha suscitato un generale interesse del pubblico, tanto che a pièce terminata in molti si sono fermati nella platea del Sociale per commentare e discutere per qualche minuto sul tema.