Il lecchese ha lanciato su Instagram il suo nuovo progetto tra parole, dialetto e immagini
“Ho pensato di raccogliere parole. Rispolverarle. Riscoprirle. Rianimarle. Per farle diventare arte”
LECCO – “Tra gnacch e petacch, tra l’interno di una campana e il suo batacchio per far risuonare parole e modi di dire del dialetto lariano e mantenerli vivi”. Si presenta così. Una nuova pagina Instagram che parla (in dialetto) del nostro territorio.
Nata ormai da qualche settimana, mi sono imbattuto nella pagina l’atro giorno, per caso. “La solita pagina con i ‘detti’ in dialetto”, confesso che questo è stato il primo pensiero. Eppure c’era qualcosa di diverso, di nuovo. Così mi sono soffermato un attimo a curiosare, la sensazione è stata di famigliarità.
In un attimo quelle due lettere, “G.V.!”, quasi nascoste nelle presentazione, hanno trovato una loro collocazione: G.V., Giuseppe Villa. In automatico ho aperto Whatsapp e ho mandato il messaggio: “Cosa stai combinando di nuovo? Cos’è questa storia del gnacch e del petacch?”
Dopo un attimo di sorpresa, ha vuotato il sacco. L’idea di Giuseppe Villa era di lanciare il suo nuovo progetto un po’ in sordina e in modo quasi anonimo “per vedere l’effetto che fa”, ma in realtà, prima di me, sono stati alcuni amici a beccarlo al volo. Del resto basta aprire la pagina per riconoscere quella particolare qualità espressiva che è diventata un marchio di fabbrica, il suo marchio di fabbrica.
“Visto che il progetto ‘L’Amo’ sta trovando una sua conclusione, ho pensato di buttarmi in una nuova esperienza – ci ha raccontato il creativo lecchese -. I confini non sono tracciati, ma l’idea è quella di ‘giocare’ con le parole e con il dialetto: il progetto nasce per raccogliere parole. Rispolverarle. Riscoprirle. Rianimarle. Nasce per poterle usare in modo orgoglioso nel mio italiano sempre e comunque imperfetto! Tra gnacch e petacch!”
E’ curiosa la scelta di Instagram, un social che privilegia l’immagine, per sviluppare un progetto che mette al centro le parole: “Mi piace pensare che le parole possano diventare in qualche modo immagine e quindi arte. Al momento questa voglia di riprendere il dialetto, rispolverarlo e renderlo più giovane ha trovato un primo sbocco digitale, ma credo che presto approderà anche nel mondo reale”.
Resta il forte radicamento al territorio, ma si nota un’apertura che va al di là del rione di Rancio e della nostra città: “Parlare di dialetto significa aprire uno finestra su un mondo vastissimo: le parole diventano proverbi, i proverbi immagini, le immagini diventano istantanee di vita sociale, cultura, tradizioni, significati. Era importante ampliare lo sguardo su ciò che mi sta attorno, perciò ho deciso di esplorare tutti gli angoli del territorio Lario”.
E così, già dai primi post, si intuisce il valore di un progetto che parte dai ricordi per diventare emozione. Un gioco sapiente in cui il tempo è l’elemento per far danzare parole e immagini, mentre il dialetto è il catalizzatore. Sempre con quel senso di imperfezione (tra gnacch e petacch) di una lingua nata per essere soltanto parlata e che cambia da un paese all’altro o, addirittura, da un rione all’altro.
“Cosa vi dovete aspettare? Non lo so ancora. Il percorso è appena cominciato, sicuramente l’osmosi tra reale e virtuale sarà un tratto distintivo del progetto, le idee che frullano in testa sono tante…”.