Capire la storia del cinema, mercoledì 13 aprile il 4° incontro su Buñuel

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poltrone_teatro_cinema-300x225 (2)LECCO – Il quarto incontro del modulo dedicato al grande regista spagnolo verterà sul periodo dal 1956 al 1965 in cui Buñuel lavora tra Messico, Francia e una sortita in Spagna. E’ il periodo della sua riscoperta critica da parte della critica internazionale con film come Nazarin (1958), Viridiana (1961), che provocò un grande scandalo in Spagna, e El angel exterminador (1962) e su quest’ultimo film si focalizzerà il relatore Giulio Sangiorgio.

La lezione è prevista per mercoledì 13 aprile alle ore 21 presso il Laboratorio Aperto del Centro Polifunzionale di Germanedo, in via dell’Eremo 28.

“L’angelo sterminatore” è una commedia nera ricca di acri succhi antiborghesi e anticlericali. In questa vicenda onirica, in questo mostruoso giro di atti mancati, il surrealismo di Buñuel si manifesta in tutta la sua ricchezza fantastica. Pur essendo assai precisa l’analisi di classe, si ha il sospetto che in questo verdetto d’impotenza Buñuel alluda a condanne più vaste e vi coinvolga il genere umano nel suo complesso. Scritto da L. Buñuel e Luis Alcoriza, rielaborazione del cinedramma “Los naufragos de la calle Providencia”, messo in scena da José Bergamin.

Il titolo del film è preso in prestito da un quadro di Valdés Leal esposto al Museo di Siviglia, ma qui non ci sono angeli che piombino sui reprobi per fare giustizia sotto gli occhi di Dio. Non si vede null’altro che la progressiva regressione degli esseri umani, che avviene attraverso la caduta degli schermi culturali (e dunque, falsi e inconsistenti) e l’emergere della primitiva condizione ferina (e dunque vera). Ma lo scambio delle parti (cultura-natura) non è cosí semplice. Di fatto, ciò che la regressione rivela non è lo stato della bestialità originaria bensì quel che si nasconde di bestiale sotto (e dentro) la cultura borghese, e perciò essa indistinguibile: un homo homini lupus storicizzato e accuratamente individuato (negli abiti eleganti, nei gesti «mondani», nell’arredo lussuoso, nel rito del pasto, nei dialoghi futili, nei giochi di società, nella musica raffinata). (…) In “El ángel exterminador” – un’ora e 35 minuti di proiezione, premio della FIPRESCI a Cannes 1962 – tutto è simbolico ma nulla è, effettivamente, un simbolo. Secondo lo stile surrealista, il film è un gioco che si gioca mediante la ripetizione (parecchie scene qui sono ripetute pari pari, ricominciando da capo) e senza un obiettivo preciso. Un sogno o un incubo. O anche molto meno: un divertimento (Fernaldo Di Giammatteo, 100 film da salvare, Mondadori, 1978).

L’ingresso è libero. Per informazioni scrivere a: capirelastoriadelcinema@gmail.com