LECCO – “Alcuni recenti interventi sui media locali invocano di riprendere le ragioni che portarono all’autonomia lecchese negli anni ’90 dopo un percorso risultato di un’iniziativa forte e unita, di cui, devo ammetterlo, da segretario provinciale prima della DC e poi del Partito Popolare raccolsi i frutti, mentre i meriti appartenevano in buona parte alla precedente generazione.
“Orgogliosi di essere lecchesi”, non era solo un simpatico grido di curva sportiva, ma era una dato di identità, costruito faticosamente in ambito economico e politico di cui la Provincia sarebbe diventata lo strumento per avere più servizi, più sicurezza, più valore per il nostro territorio.
Si può variamente giudicare il percorso istituzionale che ha portato alla trasformazione e praticamente all’abolizione del ruolo delle Province, dal decreto Monti alla legge Delrio, essendo tra l’altro tra i pochi con Italo Bruseghini ad aver tentato negli anni scorsi di mettere dei punti interrogativi sull’utilità di questa scelta.
Quello che non si può non giudicare negativamente, e non mi voglio sottrarre per la mia parte a questo giudizio, è il “balbettio” istituzionale-politico che ha accompagnato la necessità di risposte in questo anno, che come hanno ben sottolineato altri, non si può esaurire nella visita di qualche parlamentare o esponente del Governo, l’inadeguatezza dei ruoli istituzionali e dei partiti più importanti a raccogliere quel testimone, l’ignavia, direi, quasi a sottolineare il ritorno alla mia professione originaria, di protagonisti eccellenti, come se toccasse ad altri la responsabilità di un progetto.
Sì di un progetto, non di una formula, Como invece di Monza, mentre a seconda delle scelte altrui, il futuro dell’ASL è già con Monza, la Prefettura con Como, di un progetto dove, a cominciare dal mondo economico, tutti si sentano coinvolti, che susciti “Passione”, che ricrei un valore identitario, per fermare l’inevitabile frana di territori attratti dalle Province vicine (Colico da Sondrio, Calolzio da Bergamo, Merate da Monza, ecc.), il malaugurato “spezzatino” della Provincia di Lecco.
Non per questo occorre ripensare il progetto secondo categorie usate, o, come si direbbe, mettere vino nuovo in otri vecchi: la sfida dell’area vasta diventa trasformare il problema in un’opportunità e i dati economici delle imprese di Lecco anche in questi giorni dicono che c’è una realtà, chiamiamola Brianza che esiste nell’economia e che va costruita nelle sedi istituzionali e nel senso di appartenenza.
Ripensare il territorio (insieme economia e politica), comunque in rottura profonda rispetto al modello precedente (fosse stato anche un errore…non è più riproponibile), perché solo insieme, ruoli istituzionali, parti sociali, possano concorrere alla forza di un progetto condiviso.
Nell’ultimo anno l’esperienza più positiva a cui ho assistito è una ritrovata forza e volontà di lavorare insieme di tanti Sindaci e amministratori comunali: ho visto questo in Larioreti, con impegno comune dalla Valsassina al Casatese, al di là delle diverse provenienze politiche.
Da loro, dal loro impegno, potrebbe arrivare un contributo importante per un progetto condiviso.
Ecco la scommessa, la sfida rispetto alla quale finora è emersa la nostra inadeguatezza, forse la nostra ignavia: basterebbe ritornare a leggere come monito le parole che Carlo Cattaneo scrive ai milanesi da Parigi dopo l’amarezza delle “5 Giornate di Milano”: “Vi è sembrato così poco importante in questo tempo essere cittadini e non sudditi?”.
Antonio Rusconi