La battaglia di CISL Lombardia sull’abolizione di tre “scandalosi” privilegi di cui la politica gode (l’assegno vitalizio dopo una legislatura e al compimento di 60 anni di età; l’indennità ad ogni fine mandato equivalente ad una annualità ogni 5 anni; i rimborsi di spese) ha fatto tappa anche a Lecco.
All’incontro che si è tenuto martedì pomeriggio presso la sede locale della CISL non si è solo discusso dei costi della casta, argomento del libro presentato “E io pago. I conti in tasca alla casta” di Giuseppe Pozzi, quanto piuttosto di quella che dovrebbe essere una ripresa di coscienza da parte della stessa casta e da parte della società di quale dovrebbe essere il ruolo primario della politica, ossia – come ha sostenuto Gigi Petteni, segretario regionale CISL Lombardia– una sintesi di interessi generali finalizzata al bene comune. La raccolta firme indetta dalla CISL, che segue la lettera mandata a Giunta e Consiglio regionale della Lombardia e la manifestazione sotto il Pirellone di due settimane fa, ha questo obiettivo: portare sul tavolo della politica “una battaglia di equità”, che possa poi dare luogo anche a una ristrutturazione sostanziale del welfare. Se il momento economico complicato impone drastiche scelte in nome del risparmio, constatare come nell’ultima manovra economica non siano stati previsti i benché minimi tagli sui costi della casta, nonostante le promesse del ministro Giulio Tremonti, è, infatti, per Petteni un autogol della stessa politica, un atteggiamento che alla lunga non pagherà. “La politica deve dare il primo buon esempio, perché occorre una politica credibile per affrontare la situazione attuale”. L’analisi economico-sociale proposta da Petteni vuole avere i connotati non dell’antipolitica ma di una necessaria alleanza sociale, che grazie ad una forte spinta dal “basso”, cioè dalla società civile, possa avvicinare la concezione di politica a quella di “servizio”. La politica, invece, si è rivelata poco trasparente nel rendere pubblica la propria busta paga. L’immagine che riflette meglio questa poca trasparenza viene data da un aneddoto ricordato da Pozzi: “Le dichiarazioni dei parlamentari sono custodite nelle cassaforti”. Raccontando la sua non semplice ricerca dei dati e le lungaggini burocratiche per arrivare a visionare i documenti fiscali –“che sono documenti pubblici”- dei parlamentari italiani, Pozzi si è soffermato su un particolare, la custodia appunto in cassette di sicurezza, per rendere l’idea di come quelli che sono fatti passare per diritti acquisiti siano ormai privilegi non giustificabili, soprattutto in questo periodo. Calcolando al netto quanto percepisce un parlamentare al mese, circa 14mila euro tra indennità di base, diaria, rimborsi spese, il Parlamento italiano costa al contribuente 158 milioni e 760mila euro all’anno.