LECCO – “Sono veramente molto stupito dal silenzio di tomba che avvolge il taglio dei trasferimenti agli enti locali.
Non entro nel merito della questione semplicemente folle dello stato delle Province, tutt’altro che abolite ma messe nelle condizioni di non riuscire più a garantire nemmeno i servizi minimi.
Pare addirittura che lo Stato si trattenga quasi il 50% delle tasse locali versate alle Province. Per quanto riguarda i Comuni, siamo al taglio di percentuali pazzesche ai trasferimenti: ad Osnago si parla di circa 200.000 Euro, a Montevecchia si passa da 86.000 a 900 (Novecento ! Non è un errore di scrittura).
Tutto questo dopo aver sentito ripetere più volte che il Documento di programmazione economica del Governo non prevedeva né tagli né aumenti di tasse. Non sono chiari i meccanismi che hanno determinato l’entità dei tagli, ma sembra di capire che siano fatti in base alla capacità contributiva dei cittadini residenti.
Sostanzialmente, se i cittadini di un Comune hanno redditi elevati, si riducono i trasferimenti in quanto si può aumentare la tassazione locale. Il federalismo fiscale al contrario!
A fronte di tutto questo, non si sente volare una mosca, non vedo rivolte dei sindaci, non colgo reazioni dei parlamentari.
Ancora una volta, invece di tagliare gli sprechi si attuano tagli indiscriminati, anzi peggio, tagli direttamente proporzionali alle tasse pagate dai cittadini. Durante il mio mandato di sindaco, la questione dei trasferimenti venne posta con forza da tutto il nostro territorio, ottenemmo che gli aumenti annuali legati all’indice ISTAT venissero destinati ai nostri comuni sotto dotati economicamente e una legge che prevedeva un riequilibrio complessivo in 12 anni. A distanza di 20 anni, dopo un’indigestione di propaganda sul federalismo fiscale, siamo tornati all’anno zero.
Occorre riprendere questa battaglia, partendo dalla definizione di costi standard per la gestione dei servizi e del personale. Spero che qualcuno batta un colpo prima che i nostri cittadini smettano di votare anche per le elezioni comunali, sfiduciando l’ultimo presidio della politica sul territorio”.
Marco Molgora