Psicologia delle Emozioni. Social Media: verso un uomo sempre più “povero” e infantile

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RUBRICA – Noi uomini siamo fatti di parole. È questa la consapevolezza a cui ci esorta tanta parte della nostra tradizione filosofica già a partire da Aristotele (secondo cui la parola è il tratto distintivo dell’uomo).

Ma se le parole rappresentano l’essenza della nostra identità personale ed emotività, che uomini siamo destinati a diventare? Che effetto avrà la rivoluzione in corso nel linguaggio e nelle relazioni delle nuove generazioni (per effetto, soprattutto, dei social media) sulle identità che la nostra collettività sarà in grado di esprimere?

È, questa, una domanda che ricorre spesso nelle riflessioni degli psicologi che si occupano di nuove tecnologie. L’omologazione delle forme e dei contenuti del linguaggio prodotta da internet, infatti, non rappresenta solo un impoverimento del vocabolario linguistico dei giovani, bensì una contrazione del loro mondo emotivo e della possibilità di esprimersi.

Nella misura in cui – abbiamo osservato nello scorso intervento – il dire e il sentire di ciascuno è diventato semplicemente il partecipare meccanico e stereotipato al grande monologo collettivo in cui siamo inscritti, è lecito chiedersi che fine sarà delle nostre anime (per usare un termine caro proprio ad Aristotele). Che ne sarà delle nostre emozioni, dei nostri sentimenti, del rapporto con noi stessi e con il mondo quando avremo sempre meno parole per esprimerlo e quando l’articolazione di quelle stesse parole tra loro diventerà talmente povera da essere insufficiente ad esprimere il contenuto che sono chiamate a rappresentare?

Le ricerche contemporanee sulla salute psichica confermano l’esistenza di uno stretto rapporto tra salute e un certo tipo di fruizione culturale, rapporti sociali, soddisfazione “spirituale”, espressione di sé. La salute e il benessere c’entrano anche con l’andare a teatro, con il coltivare relazioni di un certo tipo, con il trovare il proprio posto nel mondo, con un uso consapevole del corpo e, appunto, del linguaggio.

Con l’avvento dei social media, e tutto ciò che questo ingresso comporta nella vita di ciascuno, stiamo andando nella direzione esattamente opposta: impoverimento della vita affettiva e del linguaggio per esprimerla, da una parte, velocizzazione delle relazioni e riduzione della possibilità di approfondirle, dall’altra. E infatti tutti gli indici epidemiologici ci dicono che lo stato di salute mentale della nostra collettività sta drasticamente peggiorando.

Come abbiamo già indicato, le statistiche più recenti segnalano un aumento esponenziale del disagio psichico non solo tra i giovani, ma in tutta la popolazione occidentale. Lo studio dell’Ocse cui abbiamo già fatto riferimento, che ha misurato il consumo di antidepressivi in Europa dal 2000 al 2020, ha rilevato un aumento del 147%, a fronte di una paradossale diminuzione del benessere percepito dalla popolazione.

Si tratta dell’evidenza clinica e medica di un processo che Nardone e Cagnoni (in “Perversioni in rete. Le psicopatologie da internet e il loro trattamento”), indicano come una “infantilizzazione” dell’esperienza di ciascuno. L’esposizione ad un ambiente così povero (anche se ricco di stimoli), omologato e dove tutto è immediatamente accessibile e disponibile (o, almeno, così sembra) porta ad una difficoltà a tollerare la distanza ed il differimento della gratificazione.

Siamo ormai abituati ad avere tutto e subito, senza che il raggiungimento di un obiettivo, qualsiasi esso sia, comporti la capacità di sopportare la fatica e reggere tutte le emozioni spiacevoli che il superamento delle difficoltà può comportare.

Spiega Galimberti ne “Il libro delle emozioni”: “Se non riceviamo la telefonata che con ansia attendiamo, ci mettiamo noi a telefonare, a chattare, a scrivere mail, non perché abbiamo davvero qualcosa da dire, ma per soddisfare un bisogno di sicurezza incrinato, da ricostruire con contatti continui, per non dire compulsivi”.

Ovviamente ciò che stiamo descrivendo non avviene per tutte le persone che utilizzano i social media e non avviene per tutti allo stesso modo, però un’analisi di questi cambiamenti e di ciò che comportano nelle inclinazioni e negli atteggiamenti umani è utile per prepararci agli scenari che ci attendono.

Dott. Enrico Bassani
Psicologo – Psicoterapeuta
Via Leonardo da Vinci 15, Lecco
http://www.bassanipsicologo.it – info@bassanipsicologo.it – tel. 338.5816257


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