Sempre più spesso, di fronte a separazioni altamente conflittuali in cui i coniugi non riescono a trovare accordi rispetto alla gestione e alla cura dei figli, il Giudice richiede l’intervento di professionisti psicologi e psicoterapeuti per cercare di avere un quadro realistico della situazione familiare e poter pianificare in senso prospettico soluzioni realmente modellate sulle esigenze dei minori. In quest’ottica si collocano le Consulenze Tecniche d’Ufficio, interventi in cui lo psicologo designato dal Giudice è chiamato a rispondere alle domande – Quesito – che questi gli pone, in merito alla famiglia in cui è in corso o è già avvenuta una separazione.
Come stanno dal punto di vista psico-fisico i minori coinvolti nella separazione? Come è connotato il rapporto tra il figlio e ciascun genitore? Qual è il livello di conflittualità presente in famiglia? Come interferisce con una crescita serena ed equilibrata dei figli? I genitori sono in grado di mantenere un discreto livello di collaborazione? Sanno garantire agli occhi del figlio la figura dell’ex coniuge in quanto padre/madre? Riescono a comunicare tra di loro?
Semplificando, queste sono alcune delle domande che frequentemente il Giudice pone al Consulente psicologo, che risponderà dopo aver conosciuto approfonditamente i membri della famiglia attraverso gli strumenti propri della sua professione: colloqui, osservazione delle interazioni tra genitori e figli, test; l’intento generalmente non è solo quello di “descrivere” come stanno le cose, ma anche di individuare delle strategie di intervento finalizzate a promuovere un nuovo equilibrio familiare, che con la separazione necessita di ridefinirsi e che pertanto può risultare più complesso e faticoso da raggiungere.
Spesso la Consulenza Tecnica d’Ufficio è vista dalle parti con sospetto e preoccupazione: gli ex coniugi temono di essere “giudicati” e “valutati in modo negativo” come genitori, per cui affrontano il percorso in modo difeso e rabbioso, riproponendo lo scenario “di guerra” che gli ha impedito di trovare accordi in modo sensato e rispettoso. Trincerati dietro a una cortina di reciproche accuse, spesso amplificate dalla dimensione legale e giuridica, rischiano di perdere completamente di vista un obiettivo in realtà fondamentale, che è quello del “benessere del minore”.
Vivono il Consulente psicologo come un “nemico”, un “inquisitore” piuttosto che un potenziale alleato.
In realtà la Consulenza può essere molto altro.
Nell’ottica promossa dai professionisti che afferiscono all’Associazione Figli per Sempre Onlus di Cassano Magnago, il percorso della Consulenza cerca di divenire un momento importante di cambiamento e presa di coscienza da parte degli ex coniugi rispetto alle dinamiche disfunzionali createsi con la separazione, o già presenti in precedenza nella famiglia. La Consulenza non è certamente una psicoterapia, può essere uno spazio in cui gettare le basi per cambiamenti futuri, in cui far intravedere agli ex coniugi un modo nuovo di essere genitori pur non essendo più una coppia. Se ben condotto il percorso peritale può aprire uno spiraglio di riflessione che permetterà successivamente di sostituire comportamenti rivendicativi e di chiusura, con altri più equilibrati e aperti, trovando congiuntamente strategie e soluzioni efficaci per permettere a tutti gli attori coinvolti di stare meglio; questo può avvenire solo nel momento in cui chi si separa riesce a distinguere la dimensione di coppia, ormai disgregata, da quella genitoriale.
Per raggiungere questo ambizioso obiettivo chiaramente i professionisti coinvolti devono condividere un preciso orientamento etico e deontologico, che li porta a tutelare in primis l’interesse della parte più debole coinvolta nella separazione: il minore. In tal senso un ruolo fondamentale è giocato dai Consulenti Tecnici di Parte, nominati dagli avvocati di ciascun coniuge, che affiancano il Consulente nominato dal Giudice in tutto il percorso peritale. La loro posizione è quanto mai delicata, poiché più di altre si presta a strumentalizzazioni: essendo nominati appunto dalle parti non è infrequente che si riponga su di loro l’aspettativa di “difensori ad oltranza” degli interessi del cliente, anche qualora queste vadano contro il benessere dei minori. In realtà il compito dei CTP dovrebbe essere quello di garantire la correttezza delle operazioni peritali, ma anche di lavorare congiuntamente, laddove possibile, per permettere agli attori coinvolti di superare l’impasse comunicativa e relazionale in cui sono caduti, nell’interesse dei figli che continueranno comunque a “condividere”. Avallare in modo acritico le posizioni dei propri clienti, non porta ad altro se non a riproporre all’interno della Consulenza la stessa frattura presente nella coppia, senza alcun tipo di miglioramento per gli equilibri familiari, per i genitori stessi e per i minori.
Generalmente la persona che si sta separando è comprensibilmente coinvolta ed emotivamente provata, e porta con sè un carico di rabbia, dolore, sofferenza, desiderio di rivendicazione rispetto all’ex coniuge per il fallimento del progetto di coppia e di vita che in precedenza li aveva uniti. Queste emozioni tuttavia rischiano di sfuggire di mano, offuscando l’immagine dell’altro, confondendo pericolosamente il piano coniugale con quello genitoriale: ecco quindi farsi strada delle convinzioni non necessariamente realistiche per cui “Se mio marito mi ha lasciata, allora non si curerà nemmeno dei nostri figli”, o ancora “Se mi ha tradito allora non è una buona madre”. Semplicemente, non è detto. Un conto sono le dinamiche di coppia, un altro quelle genitoriali.
Gli ex coniugi devono essere sostenuti ad operare questa importante differenziazione: si separa la coppia coniugale, non quella genitoriale; si può smettere di essere marito e moglie, ma si è e si sarà comunque madre e padre per quel figlio……….. quel figlio ha bisogno di entrambi.
Per una buona riuscita delle operazioni peritali quindi il Consulente di Parte è fondamentale in quanto può aiutare a fare chiarezza con il proprio cliente rispetto a queste sovrapposizioni di ruoli, sostenendolo nelle sue richieste, tutelandolo nel suo ruolo, ma anche suggerendogli modalità più consone per gestire il rapporto con l’ex coniuge in qualità di padre/madre del bambino.
Ecco quindi l’importanza di un sentire comune, in base al quale nella mente di chi opera vi è primariamente l’interesse del minore: in questo caso ogni azione, che venga dal Consulente Tecnico d’Ufficio, di Parte, o dagli Avvocati, non è legata alla logica del “vinco io – perdi tu”, non è fatta “contro” l’altro coniuge, punta al raggiungimento di un nuovo equilibrio familiare che permetta a tutte le parti coinvolte di andare avanti senza inutili ferite aggiuntive.
Dott.ssa Erika Riva
psicologa, Psicoterapeuta
Consulente Tecnico del Tribunale di Milano
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