Canottieri Lecco. Dopo 2 anni di lavoro torna al suo splendore un motoscafo Timossi del 1963

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Piano di eliminazione delle barriere architettoniche, avvio dell’iter partecipativo
Antonio Fusi

Il raro gioiello della nautica è tornato a vivere grazie all’appassionato di barche Antonio Fusi

“Quando il presidente Cariboni mi propose di metterci mano rifiutai. Poi, conosciuta la storia della barca, ho accettato la sfida”

LECCO – Oggi era il giorno del varo tecnico, ma la presentazione ufficiale dello storico motoscafo avverrà solo il prossimo anno a Villa d’Este a Cernobbio. Stamattina in Canottieri Lecco, però, abbiamo avuto la possibilità di vedere quello che è considerato da tutti gli appassionati di barche un vero e proprio gioiello difficile da vedere.

Grazie alle sapienti mani dell’appassionato Antonio Fusi, dopo due lunghi anni di lavoro, è tornato a splendere un motoscafo del 1963 prodotto dallo storico cantiere Timossi di Azzano sul Lago di Como. Una barca dalla storia particolare che nel 1994 era stata premiata per la sua eleganza nel Principato di Monaco, con il presidente della Canottieri Marco Cariboni e il suo staff che avevano ricevuto il riconoscimento dalle mani del Principe Alberto.

Piano di eliminazione delle barriere architettoniche, avvio dell’iter partecipativo

La barca, poi, ha vissuto anni di declino e le sue condizioni si sono deteriorate con il passare del tempo. Qualche tempo fa Cariboni, proprietario prima di Fusi, ha lanciato una sfida impossibile all’amico appassionato: “Alla richiesta di restaurare la barca, la mia prima reazione è stata di rifiuto – racconta Fusi -. ‘Solo tu puoi far rivivere lo splendore di una volta’ mi disse. Sinceramente rifiutai perché avevo una grande paura di non farcela, era messa davvero male. Poi Cariboni è stato capace di farmi innamorare della storia di questa barca, così ho iniziato il lunghissimo restauro”.

Piano di eliminazione delle barriere architettoniche, avvio dell’iter partecipativo

La barca è finita all’80%, mancano solo le rifiniture interne. Quello che si vede oggi, però, è frutto di un lavoro maniacale: “Per il restauro ho applicato le tecniche costruttive utilizzate negli Anni ’50/’60 e posso assicurare che non è stato semplice – ha spiegato Fusi -. Per lo scafo ho applicato quello che nel settore è conosciuto come sistema a doppio fasciame, utilizzando assi di mogano. E’ stata una sfida personale, ma pezzetto dopo pezzetto ho avuto modo di apprezzare il lavoro. In questo progetto ci ho messo il cuore”.

Piano di eliminazione delle barriere architettoniche, avvio dell’iter partecipativo

Anche il motore, che è stato revisionato da cima a fondo, è qualcosa di eccezionale: un 8 cilindri da 5.200 centimetri cubici con 250 cavalli di potenza. Sicuramente una grande soddisfazione per Antonio Fusi che ha letteralmente salvato dall’oblio un vero e proprio pezzo di storia!