Toccante collegamento telefonico ieri del testimone di giustizia con piazza Garibaldi per la presentazione del libro “Io sono nessuno”
Piero Nava fu testimone dell’omicidio del giudice Livatino, ucciso dalla mafia: “La vita non ti mette di fronte due scelte”
LECCO – “Non sono un eroe. E’ solo che la vita ti mette di fronte una scelta, non due. E poi devi pagare le conseguenze. Ma rifarei tutto”. Un lungo, calorosissimo applauso ha accolto ieri sera, martedì, il collegamento in diretta telefonica tra piazza Garibaldi e Piero Nava, il lecchese che da 30 anni vive coperto da anonimato in una località protetta dopo essere stato testimone dell’omicidio del giudice Rosario Livatino.
Il 21 settembre di 30 anni fa Piero, agente di commercio, si trovava in auto sulla provinciale intorno ad Agrigento quando la sua vita si incrociò con l’atroce destino del giovane e promettente giudice della procura di Agrigento. “Uno perse la vita, l’altro l’identità. Martire e testimone hanno qui lo stesso significato” ha ribadito l’onorevole Rosy Bindi, salita sul palco in qualità di ex presidente della commissione parlamentare antimafia durante l’incontro promosso da Confcommercio. E’ sua la firma alla prefazione di “Io sono nessuno”, il libro che racconta la vita di Piero Nava, il primo testimone di giustizia italiano. Edito da Rizzoli, il volume è stato scritto dai giornalisti Paolo Valsecchi, Lorenzo Bonini e Stefano Scaccabarozzi che hanno voluto dare voce così a chi, da 30 anni, è diventato un signor nessuno.
“Ho dovuto buttare via tutto, sbarazzarmi della mia vita precedente: le mie foto vecchie si conteranno sul numero di una mano. E purtroppo ho trascinato in questa vicenda anche la mia famiglia. Nella pazza illusione di risolvere tutto in mezz’ora (di testimonianza, ndr)”.Anche oggi, a distanza di 30 anni, Piero non ha dubbi: la scelta compiuta è stata quella giusta. E citando Dante, che ha riservato agli ignavi un girone dell’inferno, ha voluto lanciare un messaggio ai giovani: “Bisogna uscire dall’indifferenza. E di fronte a un omicidio, non si può guardare e andare oltre”.
Dotato di una memoria eccezionale e di uno spirito di osservazione non indifferente, Nava ha ricordato i momenti della sua testimonianza in Procura quando gli inquirenti sembravano prendere con le pinze le sue parole. “Raccontai che gli assassini dovevano essere assolutamente in sella a delle moto da enduro perché solo una moto così si guida in quel modo. Mi guardarono storto. Poco dopo arrivò la conferma della Fiat Uno e della moto da enduro ritrovate bruciate. E Falcone mi sorrise. Del resto lo avevo detto: io dico quello che ho visto. Quello che non ho visto non lo dico”.
Occhi precisi come l’obiettivo di una macchina fotografica come ha sottolineato anche Rosy Bindi colpita dal fatto che Nava seppe subito indicare che chi aveva premuto il grilletto era mancino. “Per forza, ci disse in audizione alla camera, altrimenti non avrei potuto vedere da destra il manico della pistola”. Grazie alla sua testimonianza i due killer vennero poi arrestati e condannati con i mandanti all’ergastolo con sentenza definitiva nel marzo 2002. Proprio in questi giorni, con una coincidenza sembrata da più parti inopportuna, uno dei mandati ha ottenuto un primo permesso premio per uscire in libertà.
Occhi che da quel maledetto 21 settembre del 1990 sono costretti a guardare il mondo con un’altra identità. “Dobbiamo ringraziarlo per la sua testimonianza e per il suo impegno. E riconoscere che grazie a lui ha preso avvio il processo per la creazione di una legge riservata appositamente ai testimoni di giustizia. Piero ha fatto da prototipo, da cavia, mancando prima un contesto giuridico appropriato”. Rivolgendosi ai tanti lecchesi seduti (con le sedie appositamente contrassegnate per rispettare le normative anti covid) tra il pubblico (era presente anche l’ex ministro Roberto Castelli, amico di gioventù di Nava), Bindi ha voluto riconoscere all’intera comunità il merito di “aver cresciuto un figlio così. La normalità di dire “ho fatto semplicemente il mio dovere” la si impara in famiglia. Non te la appiccica dentro nessuno. Certo, per lui dopo si è aperta una via crucis tremenda. Piero ha pagato il suo contributo allo Stato con un prezzo altissimo”.
Nessuna memoria, nessuna traccia, nessuna possibilità di tornare a Lecco, ammirare lo spettacolo del lago e delle montagne o riabbracciare gli amici di infanzia della Levata, la frazione di Monte Marenzo dove è cresciuto. “Tre anni fa ho incontrato Papa Francesco ma non posso neppure tenere la foto dell’incontro in casa altrimenti non potrei riuscire a spiegare perché ho avuto la fortuna di incontrarlo” ha ricordato Piero, emozionatissimo, contento di essere riuscito a portare la sua voce in città e a raccontare, attraverso le oltre 300 pagine del libro la sua storia.
“Il giudice Livatino ha perso la vita, lui l’identità. Uno è martire, l’altro testimone e in questo caso le due parole assumono lo stesso significato. Non è un caso che un martire come Livatino ha incontrato un testimone come Piero Nava. La mafia non ha bisogno, per essere vinta, della retorica degli eroi, ma di una cittadinanza normale” ha chiosato Bindi prima di lasciare la parola a Enzo Gallo, referente dell’associazione “Amici del giudice Livatino”. “Rosario era un magistrato normalissimo. Lo chiamavano il giudice ragazzino perché dimostrava molti meno dei suoi 38 anni. Un uomo sincero e brillante che ci ha anche lasciato dei bellissimi scritti. Ancora ci sono dubbi sul perché sia stato ammazzato. Lui stesso al killer disse: “Picciò, che vi ho fatto?”.
Emozionato e fiero di poter chiudere il suo mandato amministrativo con un’iniziativa di questo calibro, il sindaco Virginio Brivio ha sottolineato la bellissima lezione di educazione civica impartita da Nava all’intera nazione: “E’ il primo testimone di giustizia, un uomo che ha saputo subito da che parte stare. Nel 1998 la città di Lecco gli ha tributato la benemerenza cittadina. Non so dove sia finita la medaglia di allora, forse al Ministero degli interni perché gliela facesse avere. Abbiamo quindi deciso di coniarne una nuova e di consegnargliela in questa occasione, nei modi che lei saprà. Avrà così, seppure in effigie, un pezzettino di Lecco. Sono contento che quando andremo a raccontare i pregi della nostra città, non dovremo parlare solo di canottieri o alpinisti, ma anche di Piero Nava”.
Il viceprefetto Mariano Scapolatello ha invece portato il saluto ufficiale del prefetto Michele Formiglio, sottolineandone l’impegno su fronte della lotta alla criminalità organizzata a suon di interdittive antimafia.
A chiudere il giro di interventi Alberto Bonacina, che dopo aver letto alcuni brani del libro in qualità di attore, ha voluto esprimere un pensiero in qualità di coordinatore locale di Libera. “Oltre alle vittime dalla mafia fin qui ricordate come Livatino, Falcone, Borsellino e don Pino Puglisi, voglio ricordare Piero Carpita e Luigi Recalcati, uccisi a Bresso il 15 settembre 1990, in un agguato che aveva come bersaglio il boss della ‘ndrangheta lecchese Franco Coco Trovato. E voglio ricordare anche Pierantonio Castelnuovo ucciso a Lecco nel 1976”.
In serata, è stato infine proiettato il film del 1997 “Testimone a rischio” diretto da Pasquale Pozzessere e dedicato proprio alla vicenda di Piero Nava.