Conferenza annuale della Salute Mentale promossa da Ats Brianza
La conferenza si è concentrata sui comportamenti autolesivi e sul rischio suicidario tra i giovani
LECCO – Anche quest’anno la Conferenza Annuale della Salute Mentale, promossa da Ats Brianza in collaborazione con Asst Brianza, Asst Lecco, IRCCS San Gerardo dei Tintori e l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, si è confermata un’importante occasione di confronto, condivisione di idee e scambio di buone pratiche per l’intero territorio.
La conferenza, svoltasi il 27 ottobre e aperta dai saluti istituzionali della dr.ssa Paola Palmieri, Direttore Generale di Ats Brianza, e del prof. Giuseppe Carrà, Direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università Bicocca, ha visto la partecipazione di numerosi professionisti provenienti da Ats Brianza, Asst Brianza, Asst Lecco, IRCCS San Gerardo dei Tintori, strutture sanitarie e sociosanitarie private accreditate, assistenti sociali di Comuni e Ambiti, enti del Terzo Settore del territorio di Ats Brianza, nonché studenti e specializzandi del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

Il Direttore Generale di Ats Brianza, dott.ssa Paola Palmieri, ha salutato i partecipanti sottolineando che: “La realizzazione della Conferenza sulla Salute Mentale rappresenta uno strumento fondamentale per il percorso di programmazione degli interventi sul territorio in ambito di salute mentale, un settore di cruciale importanza nella pianificazione di interventi sanitari, sociosanitari e sociali a livello nazionale, regionale e locale. La programmazione dei servizi e dei progetti deve partire dall’analisi della realtà territoriale e dalla valutazione di efficacia, efficienza e appropriatezza degli interventi in corso, al fine di individuare possibili nuove iniziative”.
La Conferenza annuale sulla Salute Mentale, momento di formazione e confronto tra i principali attori territoriali per la tutela e la cura della salute mentale, rientra tra i compiti di uno specifico Gruppo di Lavoro interno all’Organismo di Coordinamento Salute Mentale e Dipendenze (OCSMD). Per l’edizione 2025, il gruppo ha individuato come tema centrale gli agiti autolesivi e il rischio suicidario nella popolazione giovanile.
“Il suicidio e i comportamenti autolesivi tra gli adolescenti – ha sottolineato la dott.ssa Paola Passoni, Direttore della Struttura Salute Mentale, Dipendenza e Disabilità Psichica di Ats Brianza – rappresentano oggi una condizione di emergenza in crescita a livello mondiale, su cui negli ultimi anni è stata posta particolare attenzione sia a livello nazionale sia internazionale. La riduzione del tasso di suicidio costituisce infatti un indicatore degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, del Programma di lavoro generale dell’OMS e del Piano d’azione globale per la salute mentale 2013-2030 dell’OMS. Anche i servizi territoriali hanno registrato negli ultimi anni un aumento di tali casi”.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Europa il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni. Tra i comportamenti autolesivi in questa fascia di popolazione si distinguono quelli finalizzati a procurarsi lesioni o dolore senza intenzione di morire (ad esempio il cutting) e quelli con effettiva volontà di morire.

La Struttura di Epidemiologia di Ats Brianza ha elaborato i dati necessari per descrivere il fenomeno all’interno dell’Ats, pur riconoscendo la complessità del suo inquadramento.
“Nella popolazione di Ats Brianza, a seguito dell’epidemia di COVID-19, si è osservato un incremento del tasso complessivo di comportamenti autolesivi che hanno richiesto cure mediche urgenti tra i soggetti di età compresa tra 10 e 29 anni. In questa fascia di popolazione, la media annuale passa da 19 eventi per 100 mila abitanti nel quadriennio 2017-2020 a 31 eventi per 100 mila nel periodo 2021-2024. Il fenomeno risulta invece stabile nel tempo tra gli adulti e gli anziani. Come evidenziato dalla letteratura, si conferma una prevalenza di tali comportamenti nel sesso femminile” hanno sottolineato i coordinatori.
Si precisa che, nei flussi del Sistema Informativo Sanitario, possono verificarsi sottoutilizzo ed eterogeneità territoriale nelle codifiche utilizzate per rendicontare questi eventi. Inoltre, con i dati disponibili in Ats, è possibile identificare solo gli episodi che hanno richiesto cure mediche urgenti, con conseguente probabile sottostima dell’entità complessiva del fenomeno.
“Per quanto riguarda i suicidi, i dati sono stati estratti dal Registro Nominativo delle Cause di Morte (ReNCaM) elaborato da Ats. L’incidenza risulta sostanzialmente stabile nel tempo e in linea con quella nazionale, con un tasso medio di circa 7 eventi per 100 mila abitanti nel decennio 2014-2023, passando da 7,0 nel 2014 a 6,8 nel 2023 – hanno proseguito i coordinatori – Anche tra i giovani di età 10-29 anni il trend complessivo rimane stabile, con valori che passano da 2,6 nel 2014 a 2,1 nel 2023″.

Si sottolinea che, anche in questo caso, il fenomeno può essere sottostimato, sebbene probabilmente in misura minore rispetto agli atti autolesionistici. La letteratura scientifica evidenzia infatti un sottoutilizzo dei codici specifici nelle schede di morte in caso di suicidio, dovuto anche allo stigma associato agli agiti suicidari.
Il Prof. Giuseppe Carrà, Direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia e Pro-Rettore ai Rapporti con il Sistema Sanitario e alla Salute dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, ha dichiarato: “L’Università svolge una triplice funzione rispetto a un tema di grande rilevanza come il rischio suicidario tra i giovani. In primo luogo, ha una funzione formativa nei confronti dei nostri studenti e specializzandi, promuovendo conoscenze e competenze utili al riconoscimento precoce del disagio psichico. In secondo luogo, l’attività di ricerca, di cui l’Università è principale promotrice, ci permette di comprendere meglio le cause del disagio giovanile e di individuare le strategie più efficaci per la prevenzione di comportamenti a rischio”.
“Infine, attraverso la terza missione, l’Università ha il compito di trasferire le conoscenze maturate in ambito clinico e di ricerca al di fuori del contesto accademico, favorendo la divulgazione, la collaborazione con il territorio e lo sviluppo sociale e culturale della comunità di cui facciamo parte” ha concluso Carrà.

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