Fine vita, l’assessore: “Perché l’amministratore di sostegno”

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LECCO – Non poteva fare altrimenti vista la complessità del tema, ma la scelta presa dal Comune di Lecco sul fine vita e sul diritto di scelta sulle cure ha diviso la sinistra in città: testamento biologico o amministratore di sostegno? Se c’è chi si schiera apertamente per il primo, criticando la decisione varata nell’ultimo Consiglio Comunale che ha istituito l’amministratore di sostegno, ritenuta dal fronte dei contrari come una soluzione non alternativa al testamento biologico.

A difendere la scelta, tra gli altri, è l’assessore comunale alle Politiche Sociali, Ivano Donato, che da medico e anestesista ha deciso di spiegare il suo punto di vista sulla spinosa questione, respingendo le critiche e motivando la sua contrarietà a perseguire la strada del testamento biologico:

“Egr. Redazione,

Voglio entrare in qualità di medico e non di assessore, nel dibattito in merito alla non approvazione in consiglio comunale del registro sul testamento biologico. In realtà ravvedo in questo una scarsa volontà di alcuni consiglieri di cercare di comprendere come stanno veramente le cose.

Vi è prima di tutto, la sbagliata convinzione che una dichiarazione di intenti di cura e un registro comunale, consentano ad un cittadino di poter scegliere del proprio fine vita. In pratica, come medico Rianimatore, mi si potrebbe chiedere, di fronte ad uno stato gravissimo di malattia di un paziente incapace di intendere e volere e che ha posto la propria firma per una interruzione di cura, di desistere dal curarlo se questa cura non ne consenta la guarigione. Questo non solo non è consentito dalla legge italiana ma anzi mi vedrebbe colpevole giuridicamente se adottassi questo atteggiamento.

In ambito medico infatti, bisogna rifarsi al consenso informato che è il punto cardine di un atto medico per la cura di un paziente. Ogni persona che ha subito un intervento chirurgico o un esame invasivo, ricorderà di aver firmato un consenso che permette ai medici di eseguire la procedura stessa. Questo avviene quando vi è il pieno possesso delle facoltà di comprendere. Ma come si agisce nel momento in cui un paziente non è in grado di intendere e volere? Viene nominato un amministratore di sostegno che si sostituisce al paziente nella scelta.

Ora è importante sapere anche, che non è possibile giuridicamente firmare un consenso sulla scelta di cura o meno una tantum cioè una volta per tutte. Questo invece è quello che avrebbe voluto, con la sua richiesta, Venturini, dando luogo così ad un registro comunale di fine vita. Se è vero che questo è ben chiaro nel mondo medico, altrettanto non lo è per chi ne fa una questione di ideologia e di bandiera.

Ritengo invece la decisione di nominare tra privati un possibile futuro amministratore, con la sottoscrizione del documento di fronte ad un notaio, che sia un atto non solo tutelante e preventivo per ciascuno di noi, ma anche un fatto di vera scelta che solo successivamente, nel momento di incapacità, verrà autorizzato da un giudice. L’ amministratore cosi nominato diviene a tutti gli effetti il curatore di una persona non in grado di esprimere le proprie volontà e a tutti gli effetti viene riconosciuto giuridicamente per poter sovrintendere a ogni atto che lo riguarda.

Ora ritengo che la politica cerchi di portare ancora una volta il dibattito su un piano poco etico soprattutto non considerando i principi fondamentali della medicina legale che riguardano un consenso informato e la possibilità o meno di cura che ha un paziente incapace. Il consenso informato, sebbene ai più poco conosciuto, è alla base di tutto questa riflessione.

Vorrei davvero che non si banalizzassero da parte dei consiglieri comunali questi concetti, sostenendo di fatto, solo l’ illusione di aver dato luogo ad una scelta ben precisa per la propria vita. Un altro grave atto di disinformazione si sarebbe compiuto, con l’ istituzione di un registro di dichiarazione di fine vita, ponendo in pratica il medico curante e il cittadino in una contrapposizione rispetto alla fondamentale alleanza terapeutica che sta alla base di un buon rapporto di cura.

Dopo anni passati in un reparto ospedaliero di terapia intensiva, ritengo di dover tutelare e sostenere fino alla fine quel rapporto tra medico curante e paziente. Questo lo insegna molto bene il codice deontologico della professione medica. Ritengo per questi motivi che organizzare per bene un percorso all’ impiego dell’ amministratore di sostegno rappresenti un passo importantissimo e in avanti che la nostra città tra le prime in Italia ha deciso di intraprendere”.

Ivano Dr. Donato