MANDELLO – Vi sono anche ricordi e testimonianze mandellesi nell’immediata vigilia della canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II. Il primo “amarcord” risale a 14 anni fa. Era il giorno successivo alla solennità dei Santi apostoli Pietro e Paolo e in Vaticano tre mandellesi avevano avuto l’onore di essere presentati a Papa Wojtyla. Al loro fianco, dentro l’aula Paolo VI, monsignor Fidèle Agbatchi, nuovo arcivescovo metropolita della diocesi di Parakou, nel Bénin.
Un breve incontro e uno scambio di sguardi con il pontefice, che la sera precedente aveva presieduto in piazza San Pietro la cerimonia dell’imposizione del pallio allo stesso monsignor Fidèle e ad altri 23 arcivescovi europei, africani, asiatici e americani.
A rievocare le sensazioni di quei giorni di inizio estate del 2000 è Marilisa Compagnoni, che con il figlio Gerardo e la sorella Lidia ebbe il privilegio di inchinarsi davanti al Papa che domenica 27 aprile sarà proclamato santo. “Fu una grande emozione – dice – e un grande onore e quel momento rimarrà per sempre impresso nei nostri occhi e nei nostri cuori”.
Lei, i suoi familiari e un’altra decina di mandellesi avevano raggiunto Roma su invito di padre Fidèle, che aveva anche riservato loro una serie di posti privilegiati per la cerimonia del 29 giugno di imposizione del pallio.
Quello di padre Fidèle con Mandello è un legame che risale a metà anni Ottanta, quando il missionario di origini africane (che dopo avere esercitato il proprio ministero nel Bénin vive ora in Senegal) arrivò per la prima volta in riva al Lario con suor Lisa Compagnoni, mandellese, morta nell’agosto del 1990, a sua volta per lunghi anni missionaria nel Continente nero.
“Per padre Fidèle suor Lisa era come una mamma – dice Marilisa Compagnoni – e per lei aveva grande ammirazione. Quando, pochi giorni dopo la cerimonia di Roma, venne a Mandello per salutarci e presiedere una celebrazione liturgica, monsignor Fidèle ricordò che suor Lisa l’aveva preparato al battesimo e alla prima Comunione, accompagnandolo e sostenendolo anche nel cammino verso il sacerdozio. E due giorni prima mi aveva presentato a Giovanni Paolo II, che mi aveva poi fatto dono di una corona del Rosario, ricordandogli che io ero la nipote della sua prima catechista”.
Prima del 2000 e anche negli anni successivi (l’ultima volta nell’autunno del 2009 in occasione di un’assemblea del Sinodo dei vescovi) padre Fidèle era stato altre volte a Mandello proprio con il proposito di conoscere il paese d’origine di suor Lisa e la comunità da cui faceva derivare la sua azione missionaria in terra d’Africa. E ogni volta era stato accolto con amicizia e affetto perché la sua fede e il suo sacerdozio sono legati alla comunità mandellese.
Non a caso, come si legge su un numero del bollettino parrocchiale “Voci dalla Grigna” dell’anno 2000, “in Cristo ci si può scoprire fratelli, figli, parenti al di là dei legami di sangue o del colore della pelle”.
Ma i ricordi mandellesi si legano anche a Papa Giovanni XXIII. Era il maggio del 1963 e quell’anno il Club Alpino Italiano celebrava il proprio centenario di fondazione. Per l’occasione la sezione Grigne del Cai Mandello – costituita nel 1924 – organizzò un viaggio a Roma che prevedeva anche un’udienza in Vaticano con il pontefice ottenuta grazie all’interessamento di don Luigi Bianchi, socio e cappellano del sodalizio, attuale prevosto emerito di Gera Lario (guidò quella stessa parrocchia dal 1956 al 2006) e prossimo a compiere 93 anni.
A quella trasferta parteciparono ben 130 mandellesi. Tra loro vi erano il presidente del Cai Grigne Nilo De Battista (a lui sarebbe subentrato quello stesso anno Ezio Fasoli), il sindaco di Mandello Antonio Tagliaferri, il responsabile delle guide alpine Giovanni Zucchi e Nino Lozza, il cui nome si lega a filo doppio proprio alla storia del Cai mandellese, di cui fu anche presidente, e al quale si deve tra l’altro l’organizzazione della prima scuola di comportamento in montagna riservata ai ragazzi tra i 6 e i 12 anni.
“Quella con il Papa – ricorda oggi Lozza – fu l’ultima udienza concessa dal pontefice, da tempo malato e che sarebbe morto soltanto un paio di settimane dopo. Al Santo Padre donammo una teca contenente una piccozza argentata con sopra incisa la scritta “Cai Mandello”. Il Papa la apprezzò e oggi quella piccozza è custodita presso il museo allestito a Sotto il Monte, nella casa natale di Papa Giovanni”.
Nino Lozza guarda la foto in bianco e nero che lo ritrae a fianco del pontefice, del sindaco Tagliaferri e di Giovanni Zucchi e sorride. “Ricordo come
fosse oggi – afferma – che il Papa si rivolse a me, mi mise una mano su una spalla e mi disse di conoscere bene le nostre montagne e in particolare le Grigne. “Le vedevo ogni giorno andando all’asilo”, mi raccontò, “e le ricordo soprattutto nei mesi invernali ammantate di neve, quasi fossero coperte da un immenso lenzuolo bianco”. Fu una grande gioia, per me e per tutti noi, incontrare il Papa che domenica sarà proclamato santo, un’emozione che il tempo non ha cancellato e non cancellerà”.
Il nome di Giovanni XXIII si lega altresì a quello del noto pittore Ezio Moioli, mandellese di Olcio, che realizzò due bellissimi ritratti di Papa Roncalli, uno dei quali (datato 1961) è oggi custodito presso la casa “Madonna del lavoro” dell’Opera Don Guanella a Nuova Olonio, in provincia di Sondrio.
Nel 1973 Moioli (morto il 30 settembre 1981) realizzò anche un ritratto di Karol Wojtyla, all’epoca arcivescovo di Cracovia, futuro Papa Giovanni Paolo II, prossimo – come Giovanni XXIII – alla canonizzazione.