Mauro Corona: il “ragazzaccio” di Erto incanta Lecco

Tempo di lettura: 5 minuti

LECCO – Più di 400 persone inchiodate alle poltroncine rosse della sala don Ticozzi per un’ora e mezza abbondante, in cattedra il “ragazzaccio” di Erto: Mauro Corona, 62 anni, due (ex) mogli, quattro figli, 18 libri scritti (si scrive per salvare la memoria, spiegherà), due tir – come dice lui – di libri letti grazie a una sorta di biblioteca ereditata dalla madre e uno zaino di esperienza e di vita vissuta da fare paura.

Il montanaro scultore e scrittore con la “passione” per il vino e la birra – “è da 5 mesi che non bevo , ma non so ancora per quanto riuscirò a resistere” ha ammesso – si è presentato con un paio di scarponi ai piedi, pantaloni tecnici da montagna, un giubbetto (subito tolto non appena ha messo piede sul palco) sotto la classica magliettina nera senza maniche e in testa la sua inconfondibile bandana. Una volta seduto ha dato due occhiatacce alle tre bottigliette d’acqua che si è ritrovato davanti (ma che berrà strada facendo), poi al giornalista della Provincia Gianfranco Colombo ha lasciato appena il tempo di introdurre l’incontro (organizzato da Confcommercio all’interno della rassegna Leggermente) dopodiché, come un fiume in piena, Corona ha iniziato quello che è stato una sorta di monologo.

Tanto per cominciare ha fatto un accenno alla sua ultima fatica letteraria “Come sasso nella corrente” svelando che: “probabilmente non sarà l’ultima, perché quel che ho scritto in questo ultimo libro dovrò attuarlo e allora ne servirà un altro“. Quindi ha aggiunto: “Si tratta di un libro diviso in due parti: una parte biografica e una parte in cui traccio un resoconto della mia vita. Una persona dopo i 60 anni è giusto che si fermi per tirare le somme”.

E il bilancio che fa Corona della sua vita è negativo: “Sono un uomo fallito. Quando muoio, le mie ceneri sarebbe meglio che le si buttino nel cesso e si tiri l’acqua… – ha dichiarato senza mezzi termini – per questo sono deciso a ritirarmi nella mia baita. Sono stanco di apparire e di soddisfare la mia vanità, il mio egocentrismo”.

Ma Corona ce l’ha in generale un po’ con tutta l’umanità, perché sostiene: “l’uomo è cattivo, in quanto sa di essere incompiuto e incompleto; è incapace di essere felice, o meglio, quando si rende conto di esserlo, considera la felicità una cosa effimera”.

E l’idea che la felicità la si raggiunga con l’avere, il possedere, con “l’aggiungere sempre più cose” viene smentita da Corona a partire dallo stesso titolo del suo ultimo libro “Come sasso nella corrente” “che viene levigato, smussato dall’acqua. La stessa cosa accade all’uomo: la vita ti leviga, ti smussa e ti porta a dover essere essenziale. Cio’ che conta, nella vita, è l’essenziale. E un po’ quello che accade nelle sculture: per creare, dare forma, bisogna togliere non mettere”.

Poi Corona paragona la vita e l’amore a una fisarmonica: “Per farla suonare – rammenta – è necessario allontanare e riavvicinare il mantice. E così, sia nella vita che nell’amore servono momenti di allontanamento e di riavvicinamento, perché se si sta troppo vicini, e questo accade soprattutto in amore, si soffoca”.

Quindi il montanaro di Erto, con grande coinvolgimento, ha ripercorso i diversi periodi della sua vita, a cominciare da quello più difficile: l’infanzia, caratterizzato da un padre-padrone che lo ha più volte malmenato e come lui la madre, poi fuggita con un altro uomo abbandonando marito e figli. “Mia madre e mio padre sono morti tutti e due recentemente – ha raccontato Corona – ho cercato sul punto di morte di trovare con loro un dialogo che non c’è mai stato, volevo capire… Tutto inutile, sono morti portandosi via ogni segreto, ma io, da quel giorno mi sono sentito più leggero”.

Dopo l’infanzia difficile, ci sono state l’adolescenza e la giovinezza dove ha prevalso la sregolatezza e il troppo alcol: “Una notte di Natale sono finito addirittura sull’altare a dire messa, dopo aver buttato giù il prete”, ha raccontato strappando risa tra il numeroso pubblico.

A proposito di chiesa, per Corona “il 99% di coloro che la domenica vanno a messa dovrebbero essere cacciati a fustigate – poi ha spiegato – se ci fosse vera fede, dovrebbe esserci amore, generosità, tolleranza, perdono e invece ognuno è impegnato a coltivare il proprio orticello. Credo che oggi ci sia solo una fede di comodo” e le risa hanno lasciato spazio agli applausi.

Superata l’ “età della ribellione Corona si rende conto che così può più andare avanti: “Dovevo salvarmi e l’unico modo che avevo era quello di riscoprire le cose che sapevo fare: scolpire, leggere – questo grazie all’infinità di libri che mi lasciò mia madre – scrivere e poi la montagna che mi ha dato tanto”. E così, riesce a risollevarsi, anche se: “Le sbronze in osteria non sono mai mancate”.

Ai giovani in sala Corona si è rivolto dicendo: “Nella vita fate tutto ciò che volete, ma non fate mai cose per le quali ci si debba vergognare”.

Poi un pensiero all’assente (giustificato) Andrea Vitali: “Mi spiace che non sia potuto venire; Vitali è uno di quegli scrittori che non se la tirano. E’ una bella persona, leale, che con i suoi libri ha salvato la memoria di questo territorio”.

A chiudere l’incontro qualche domanda del pubblico, poi, libro sottobraccio, tutti in fila, quasi in religiosa processione, ad aspettare il proprio turno per farsi fare una dedica e stringere la mano a quel “ragazzaccio” di Erto.