LECCO/ROMA – È partita anche dalle campagne delle province di Como e Lecco una delegazione di agricoltori che ha invaso piazza Montecitorio a Roma, questa mattina, mercoledì 5 luglio, per fermare il trattato di libero scambio con il Canada (Ceta).
A raccontarlo è la Coldiretti lariana, pronta a combattere l’accordo che, se andasse in porto, per la prima volta nella storia dell’Unione Europa accorderebbe a livello internazionale il via libera alle imitazioni dei prodotti italiani più tipici. “Siamo oggi riuniti a Roma — spiega il presidente di Coldiretti Como Lecco, Fortunato Trezzi — per difendere il Made in Italy dalle contraffazioni, e per impedire che vengano spalancate le porte del nostro Paese all’invasione di grano duro canadese, trattato con glifosato che è vietato qui da noi perché ritenuto cancerogeno, e a ingenti quantitativi di carne a dazio zero”.
L’iniziativa nella Capitale — prosegue l’associazione degli agricoltori — è della Coldiretti, che insieme a un’inedita e importante alleanza con altre organizzazioni (Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch) chiede di procedere senza fretta ad una discussione approfondita in Parlamento prima di assumere una decisione di ratifica.
Nel Ceta – sottolinea la Coldiretti — manca il riferimento al vincolo del principio di precauzione che, in Europa, impone una condotta cautelare nelle decisioni che riguardano questioni scientificamente controverse circa i possibili impatti sulla salute o sull’ambiente. L’accordo – precisa la Coldiretti – prevede, al contrario, l’applicazione del principio di equivalenza delle misure sanitarie e fitosanitarie tra le parti, consentendo di ottenere il mutuo riconoscimento di un prodotto (e, quindi, di evitare nuovi controlli nel paese in cui verrà venduto), dimostrandone l’equivalenza con quelli commercializzati dalla controparte.
“Nei trattati — precisa il presidente nazionale della Coldiretti, Roberto Moncalvo — va riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività della produzione fermando una escalation che mette a rischio la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e la libertà di scelta dei consumatori”. E’ il caso delle condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli, zucchine, aglio, olio di oliva, all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi, oltre all’olio di oliva dalla Tunisia ma a pesare — conclude Coldiretti — sono pure gli effetti dell’embargo Russo che è costato all’Italia quasi un miliardo di euro nel solo settore agroalimentare.