Pagnona. L’addio a Giovanni Tagliaferri: “Ora ci guardi da una finestra nel cielo”

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PAGNONA – “In queste circostanze ognuno di noi avrebbe difficoltà nell’esprimere pensieri che possano ravvivare la nostra speranza. La mia parola è incapace di narrare questa speranza, ciò che è accaduto al nostro paese è qualcosa di molto grande. La morte di Giovanni colpisce ciascuno di noi proprio perché la morte non ha pietà di nessuno”.

E’ stato don Mauro Ghislanzoni, parroco di Pagnona e Premana, a celebrare nel pomeriggio di oggi, lunedì 9 luglio, il funerale di Giovanni Tagliaferri, giovane padre morto a soli 33 anni in un tragico incidente in moto.

La piccola chiesa di Sant’Andrea, a Pagnona, non è riuscita a contenere le numerose persone giunte per dare l’ultimo saluto al giovane molto conosciuto in paese. Presenti anche i compagni di scuola del piccolo figlio Mattia, di soli 7 anni, tutti con un fiore in mano per testimoniare la loro vicinanza e il loro affetto. In tanti sono arrivati anche dalla vicina Premana, dove la mamma Piermaria gestisce un negozio di frutta e verdura, e da Civate, dove il papà Domenico prima della pensione è stato custode della ditta Fiskars.

“Giovanni, tutto il nostro paese e tante altre persone si sono radunate qui a Pagnona proprio per salutarti. Vogliamo esprimere le nostre condoglianze ai genitori, al fratello Giuseppe e a te, Mattia, vogliamo farti sentire tutto il nostro affetto e abbracciarti, come i tuoi compagni hanno manifestato con la loro presenza oggi. Vogliamo per te, bambino simpatico, chiedere una grande forza perché questi momenti sono pesanti anche per noi adulti. Esprimiamo le nostre condoglianze a Elena e ai parenti tutti”.

“Dobbiamo avere coraggio perché c’è qualcuno che ci aspetta e attende. Magari quella persona nella sua corporeità non tornerà più, ma certamente, nella logica della fede, quella persona noi la possiamo incontrare. Quella persona che è stata nostro figlio, nostro padre, nostro fratello, il nostro amico. Nella nostra esperienza umana, o Signore, sembra quasi che sia tu il nostro avversario perché di fronte a queste disgrazie il nostro cuore grida con rabbia. Ed ecco allora che questo Dio vuole essere colui che assume su di sé la nostra rabbia, perché lui è quel padre che sta sulla porta di casa ad attendere il ritorno del figlio con le stesse cure che Giovanni ha espresso in questi anni al suo piccolo Mattia”.

Il parroco, poi, ha ricordato la grande passione di Giovanni per la caccia e il suo mestiere di muratore: “La morte, con i suoi tentacoli, insinua nel nostro cuore e nella nostra mente che non c’è nessuna ‘vita per sempre’. Il cacciatore, però, insegna che non bisogna demordere: così come quando inciampa in una radice si rialza, noi vogliamo avere lo stesso coraggio di rialzarci dalla disperazione. Giovanni, tu che sei stato cacciatore, insegna a tutti noi questa fortezza. E infine la tua professione: quante volte sei salito sui tetti, sei passato da un’impalcatura all’altra, è invece una semplice caduta dalla moto ti è stata fatale. La tua professione ci ricorda che dobbiamo essere dei costruttori: non distruggere per una voglia fine a se stessa, ma demolire per poi ricostruire meglio. E da qui la speranza di voler costruire proprio perché la vita è un dono grande. E allora, carissimi Domenico, Piermaria e Giuseppe, costruite. La morte distrugge ma la speranza nel Signore ci porta a ricostruire pazientemente. Mattia, il tuo papà ha costruito tante case ma ora si affaccia da una finestra nel cielo con i suoi grandi occhi e ti accompagnerà sempre, non chiuderà mai gli occhi su di te”.

Al termine della cerimonia, il parroco ha preso per mano il piccolo Mattia e lo ha accompagnato sull’altare da dove, con la sua voce squillante, ha detto il suo semplice “grazie” a quanti gli sono stati vicini.