Cristo del Lario, nuove conferme sulla paternità di Leonardo Da Vinci

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Luminari Cristo del Lario

Gli elementi grafici di compatibilità con lo stile di Leonardo hanno raggiunto una percentuale dell’84%

Le conclusioni del ricercatore brasiliano Átila Soares da Costa Filho che ha utilizzato la tecnologia Luminari basata sulla I.A.

LECCO – “Gli elementi grafici di compatibilità nella riproduzione utilizzata del ‘Cristo del Lario’, corrispondenti a quelli precedentemente identificati dalla I.A. (Machine Learning) come propri dello stile di Leonardo, hanno raggiunto una percentuale dell’84%. Pertanto l’autenticità del ‘Cristo del Lario’ come di Leonardo Da Vinci è stata confermata mediante la tecnologia qui utilizzata”.

Le parole sono quelle del ricercatore e designer brasiliano Átila Soares da Costa Filho, laureato in Disegno Industriale presso la Pontificia Universidade Católica di Rio de Janeiro, tradizionale riferimento accademico in America Latina nel settore dell’Information Tecnology. La tecnologia utilizzata, ormai testata e operativa, è denominata Luminari e comprende una serie di test effettuati con una metodologia propria, con tecnologia I.A. (intelligenza artificiale).

“In sostanza, si tratta di un sistema con architettura di rete neurale convoluzionale, specificamente adatta a svolgere compiti predittivi in ambito delle opere d’arte – ha spiegato lo studioso -. Questa ingegneria comprende più strati: da quelli convoluzionali a quelli di ‘Max Pooling’. Si è convenuto ammettere che un valore pari o superiore al 75% di compatibilità stilistica è sufficiente per attribuire la paternità a una determinata opera. Gli elementi grafici di compatibilità nella riproduzione utilizzata del Cristo del Lario hanno raggiunto una percentuale dell’84%”.

Una ulteriore buona notizia che va a consolidare ulteriormente un percorso lungo anni, fatto di molteplici indagini (e conferme) per dimostrare una paternità che, sempre di più, pare essere quella di Leonardo Da Vinci. Tra i passaggi fondamentali di queste lunghe indagini ricordiamo anche l’autorevole parere del professor Rolando Bellini, storico e critico dell’arte, professore di storia dell’arte, graphic art, arte museologia ed estetica presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera.

Dal Cristo di Lecco al Cristo del Lario

La proprietà dell’opera d’arte ha deciso infine di apportare una limitata modifica alla denominazione del disegno a sanguigna da “Ritratto/Cristo di Lecco” a quella ritenuta più appropriata di “Cristo del Lario di Lecco”.

“Scelta derivata dal fatto che l’idea realizzativa di questo disegno è probabilmente maturata in Leonardo allorquando ha visitato o stava visitando il territorio lecchese/valsassinese ritornando dalla visita effettuata in Valtellina negli anni 1490 e seguenti (primo periodo milanese), lo stesso periodo in cui iniziava a ragionare intorno all’Ultima Cena. Il che sarebbe confermato dal dato emerso dalle indagini diagnostiche scientifiche per potenziale provenienza valtellinese del medium a pietra rossa con il quale è stato realizzato questo disegno (confermato dal ritrovamento nella composizione chimica del medium della presenza dell’ematite unitamente all’ilmenite, minerale isoformo dell’ematite rintracciabile per combinazione in sole tre zone geografiche del nostro paese, tra cui la Valtellina). Presenza territoriale di Leonardo in quegli anni nel territorio lecchese/valsassinese, quindi sull’intero ramo lariano di Lecco, altresì ben documentata nel Codice Atlantico”.

La proprietà di questo importante disegno a sanguigna ha deciso quindi di omaggiare nel nome di questa opera (già attribuita oggi da vari studiosi alla mano di Leonardo da Vinci) non solo la città di Lecco, come deciso inizialmente nel 2019, ma l’intero territorio complessivo del ramo lariano lecchese che probabilmente costituisce il substrato geografico di riferimento in cui è germinata l’idea dell’opera.