Ieri sera, giovedì, la presentazione del libro scritto dalla criminologa Roberta Bruzzone insieme alla giornalista Laura Marinaro
La ricostruzione, a due voci, del processo per l’omicidio di Yara Gambirasio concluso con la condanna definitiva all’ergastolo di Bossetti, incastrato dal dna
MERATE – Un libro che è un dialogo a due voci tra la cronista che ha seguito, udienza dopo udienza, il processo a Massimo Giuseppe Bossetti e la criminologa che ha fornito il suo contributo professionale nell’analisi di uno dei delitti che ha scosso di più l’opinione pubblica italiana.
E’ stato presentato ieri sera, giovedì, in un auditorium gremito fino all’ultima poltrona (tanto che qualcuno è dovuto restare in piedi) “Yara. Autopsia di un’indagine”, il saggio edito da Mursia scritto dalla giornalista Laura Marinaro e dalla criminologa Roberta Bruzzone.
Un confronto interessante e serrato che il pubblico meratese ha potuto gustarsi dal vivo grazie all’incontro, promosso dalla Pro Loco insieme allo studio legale Slc Law & Firm, con le due autrici intervistate dall’avvocato Marcello Perillo sul palco insieme alla collega Veronica Fumagalli, in un dibattito “frizzante e vivace” che non ha deluso le aspettative.
“Questo libro nasce dai tanti taccuini di appunti che ho collezionato seguendo, come giornalista, il processo a Bossetti. Perché scriverlo ora? Perché questa vicenda, seppur chiusa a livello giudiziario con la sentenza di condanna all’ergastolo confermata in Cassazione, continua a far discutere. E tante, troppe persone non conoscono la realtà dei fatti, evidenziata in un processo in cui si è dato ampio spazio all’analisi e al confronto” ha precisato Marinaro, evidenziando come finora molti aspetti siano rimasti confinati alle aule del tribunale di Bergamo lasciando campo in televisione solo alla difesa di Bossetti.
A gettare luce, ancora di più, sull’operato della Procura orobica, è intervenuta Bruzzone: con piglio perentorio e autorevole, ha sviscerato le tappe che hanno portato all’individuazione di Ignoto 1 e delle tante analisi del Dna che hanno poi permesso di arrivare all’identità del muratore bergamasco.
“Un narcisista patologico, subito ribattezzato il Favola per una propensione innata a mentire. Uno che non confesserà mai di aver ucciso Yara perché ora si vuole raccontare come vittima del più grande errore mediatico del mondo e soprattutto perché ammettere di averla uccisa, vorrebbe dire riconoscere di aver provato certe pulsioni sessuali. E un narcisista come lui prova vergogna e non sensi di colpa”.
Per entrambe le autrici, l’inchiesta portata avanti dalla Procura bergamasca è stata certosina e capillare, unica del suo genere e tale da permettere ai giudici di esprimersi sulla colpevolezza dell’imputato, ben al di là di ogni ragionevole dubbio. Rispondendo anche alle domande del pubblico, Bruzzone ha precisato l’inutilità di eventuali nuove analisi visto che quelle effettuate, anche da diversi committenti e in differenti contesti, hanno dato analogo risultato ricordando che la possibilità che esista un altro Ignoto 1 dal profilo genetico di Bossetti sia ben superiore alla popolazione mondiale, dalla nascita dell’universo a oggi.
Praticamente impossibile, la sentenza ribadita anche ieri sera e cristalizzata anche nel libro che, come recita anche il titolo, rappresenta una circostanziata e meticolosa ricostruzione di un’indagine importante, svolta con tecniche inedite e moderne, per non lasciare impunito l’assassino di una ragazza di soli 13 anni.