LECCO – “Permangono segnali di ripresa per gli ordinativi esteri ma sul mercato nazionale gli ordini sono ancora al palo, le ultime analisi pubblicate evidenziano un peggioramento della situazione a livello di PIL anche registriamo tra i nostri associati un ‘sentiment’ di fiducia minimamente accresciuto, fiducia sulla possibilità che possa esserci una via di uscita”.
A parlare è il presidente di API Lecco, Luigi Sabadini, che abbiamo incontrato nella sede dell’associazione in via della Pergola per fare il punto della situazione per le piccole medie industrie del territorio a metà di questo 2014, un altro anno difficile anche per l’economia lecchese seppur con qualche spiraglio in più:
“Ci sono aziende che sono riuscite a delineare la loro strategia in questo particolare frangente economico ed hanno messo in cantiere alcuni investimenti anche per beni strumentali – sottolinea Sabadini – Parliamo comunque di investimenti con al ‘i’ minuscola”.
La criticità maggiore è legata al mercato ‘nostrano’ che ancora non è in grado di fornire alle imprese una domanda che possa sostenerle. “Il mercato italiano si sblocca solo con dei decisi interventi statali sulla spesa pubblica per investimenti in opere – spiega il presidente di API – è sotto gli occhi di tutti qual è la situazione generale delle infrastrutture in Italia, treni che non arrivano, strade e territorio dissestato”.
Una situazione che riguarda anche il lecchese: “Nei giorni scorsi abbiamo visto cosa succede quando accadono eventi meteorologici particolari e la conta dei danni è sempre dolorosa –prosegue Sabadini riferendosi ai disagi provocati dalle forti piogge che si sono abbattute in provincia nel weekend – Questi soldi potrebbero essere messi in circolo e farebbero del bene immediato, perché nessuno vuole ritrovarsi con il capannone o la casa allagati. Non si parla di opere grosse ma doverose. Pensiamo anche al patto di stabilità e al fatto che alcuni Comuni virtuosi si ritrovano soldi in cassa che non possono spendere e che invece farebbero bene ad utilizzare per investimenti che servono alla cittadinanza e alle imprese. Si produrrebbe un circolo virtuoso che rimetterebbe in moto anche la spirale positiva dei consumi; non sono gli 80 euro in più in busta paga che poi vengono tolti da altre parti”.
Tra le criticità sulle infrastrutture lecchesi segnalate dal presidente Sabadini anche la Statale 36 e la Monte Piazzo che lo scorso anno, con la sua chiusura, ha messo in seria difficoltà l’economia locale. C’è però un altro problema che attanaglia anche gli imprenditori lecchesi e sono i ritardi sui pagamenti della Pubblica Amministrazione:
“Una tragedia per quegli associati che lavorano direttamente con il pubblico – denuncia Sabadini – ma spesso e volentieri c’è una commistione di pubblico e privato, quindi se viene a mancare liquidità da un ramo di attività, perché bloccata dallo Stato, allora peggiora la situazione dei pagamenti anche tra privati”.
Tre le esigenze principali che oggi manifestano i piccoli imprenditori: manodopera qualificata, innovazione tecnologica e maggiore presenza sul mercato estero.
Sulla prima, Sabadini sottolinea una delle necessità principali: “Serve una riforma sostanziale dell’apprendistato. Purtroppo continuano ad arrivare giovani che non sanno minimamente che cos’è il lavoro e l’azienda. Sono spaesati e prima che diventino operativi passano mesi preziosi che vengono sprecati per dare loro un minimo di dimestichezza. Serve che assoluta integrazione tra scuola e lavoro, non parlo dello stage di due settimane”.

Per l’occupazione, però, è ancora presto per parlare di ripresa delle assunzioni da parte delle imprese, soprattutto se guardiamo al “vecchio” contratto a tempo indeterminato: “In Italia, complice il peggioramento della riforma Fornero, quel minimo di flessibilità concesso alle aziende è rientrato – spiega Sabadini – prima di far scommettere gli imprenditori sull’adozione di una risorsa a tempo interminato ne passa. Prima dovrà esserci una fase di recupero, intanto c’è qualcosa che si muove. A mio parare bisognerebbe lasciar perdere le ideologie, importante è lavorare”.
Il mercato estero rappresenta invece la vera speranza di sopravvivenza per le aziende e API lo sa bene, tanto da avere aperto un ufficio dedicato e guidato dal dott. Marco Piazza:
“Contiamo più di duemila contatti e ci stiamo specializzando sulle singole imprese con interventi specifici – spiega Piazza – Molte aziende che abbiamo raccolto avevano una percentuale bassissima di esportazioni e le abbiamo accompagnate verso e oltre il 40%, percentuale che rappresenta il minimo per chi vuole porsi sul mercato internazionale. Non parliamo di Europa, che è diventata il cortile di casa, ma del Corno d’Africa, del Sud America e del Medioriente. Crediamo molto nell’incoming, ovvero nel portare il potenziale cliente straniero in azienda. Una piccola impresa dall’estero può essere interpretata in maniera riduttiva, così invece il cliente può prendere conoscenza della sua reale capacità produttiva”.
L’associazione ha recentemente aperto una nuova sede a Morbegno: “Ci avviciniamo alle imprese dell’Alto lago, della Valchiavenna e della Valtellina, con i servizi ma anche offrendo loro un appoggio per riunioni ed incontri sindacali. Abbiamo optato per un investimento ingente – ha concluso Sabadini – ma crediamo sia necessario, in particolare in questa fase, essere il più vicini possibile ai nostri associati”.

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