LECCO – La riforma delle Province del 7 aprile 2014 demanda alle Regioni il compito di riordinare le funzioni non fondamentali da sottrarre alle Province e coinvolge nel processo di riordino anche le risorse finanziarie, i beni e il personale. Per questo motivo a metà settembre 2014 Governo e Regioni sottoscrivono un accordo per stabilire i principi del riordino (sussidiarietà differenziazione e adeguatezza), che dovrebbe lasciare le Province con le sole funzioni fondamentali. Su questo iter avviato a fine dicembre interviene la legge di stabilità, che cade sulle Province come una mannaia, prelevando nel 2015 un miliardo di euro, con la conseguenza di mandare gli enti in dissesto finanziario. Preleva risorse anche da Comuni e Regioni, seppure in misura minore che dalle Province, le quali sono anche obbligate dalla legge, inoltre, a mettere in mobilità quasi la metà dei dipendenti, cioè circa 20 mila persone. Questi dovrebbero essere riassorbiti nelle Regioni, nei Comuni e nelle Amministrazioni statali e fra queste ultime la legge indica in particolare gli uffici giudiziari. Peccato che il 20 gennaio 2015 compare in Gazzetta Ufficiale un avviso del Ministero della Giustizia per acquisire oltre mille persone attraverso la mobilità, ma chiede alle amministrazioni non statali che intendono cedere il personale di versare in un fondo del Ministero la metà dello stipendio del personale ceduto. Così, proprio a quello provinciale, viene impedito di partecipare alla mobilità, in quanto le Province non possono pagare per il personale che devono cedere oltre a quanto già prelevato dallo Stato.
A metà dicembre 2014 il Sottosegretario Bressa aveva dichiarato che con la riforma delle Province stavano realizzando il più grande processo di mobilità della storia della Repubblica e, con un twitter, la Ministra Madia tranquillizza il personale provinciale dicendo che nessuno sarebbe stato abbandonato. Fin qui il Governo statale e lasciamo ai lettori giudicare.
Il 30 dicembre la Giunta della Lombardia ha presentato su questo argomento una proposta di legge regionale di riordino, che conferma alle Province tutte le funzioni, tranne agricoltura caccia e pesca, dicendo però anche che non intende acquisire nemmeno il personale che lavora per le funzioni trasferite.
I fatti appena citati danno la misura della confusione, del disordine e dei rischi che corrono sia i cittadini e i servizi (manutenzione stradale e delle scuole, servizi di trasporto, ecc), sia la già provata credibilità delle istituzioni e i dipendenti provinciali.
È nota la nostra contrarietà a questa riforma che ci ha indotti a rinunciare per coerenza alle candidature che, con ruoli di diverso livello l’uno dall’altra, ci erano state proposte. Questa operazione non ci ha convinti fin dal primo momento, perché manca di razionalità e di ordine logico. Pensiamo che per riformare le Istituzioni servano chiarezza su finalità e destinazione. È una banalità, ma nemmeno a questo ci sembra corrisponda quello che si sta facendo, quindi pensiamo che facciano bene i dipendenti provinciali a protestare e ad essere preoccupati per il posto di lavoro.
La Regione Lombardia, ad esempio, dovrebbe spiegare perché intende riprendersi solo le funzioni che riguardano agricoltura, caccia e pesca, senza nemmeno il personale. Forse perché cacciatori e pescatori sportivi rappresentano un grande bacino elettorale? E perché separa chi fa i piani faunistici da coloro che vigilano, come la polizia provinciale, rischiando di depotenziare questo servizio, con danno per l’ambiente e il territorio? Ci limitiamo a questo esempio, perché ci pare che Governo e Regioni intendano andare avanti con furbate, lasciando che a pagarne le conseguenze siano i cittadini, che pur continuando a pagare le stesse o maggiori tasse, rischiano di avere meno servizi e di minore qualità; e i lavoratori, che rischiano di ritrovarsi dequalificati o disoccupati.
Ora il Sottosegretario Nava passi dalle enunciazioni ai fatti, agendo per modificare la proposta di legge della Giunta, riportando in Regione le funzioni che erano state delegate alle Province, insieme ai lavoratori.
Ma anche i Sindaci, sollecitati da oltre un anno dai lavoratori, non possono cavarsela con una tardiva solidarietà. Bisogna che la mettano in pratica, con azioni per assorbire nei Comuni il personale in esubero. E poi c’è anche la Provincia, che dovrebbe avere più grinta nei confronti della Regione, senza sottomissione. Infine i nostri Consiglieri regionali, in primis quelli del PD, che dovrebbero trasformare la discussione della legge regionale nell’occasione per recuperare, almeno in parte, il pasticcio del Governo ed evitare che a pagare siano il territorio, i nostri cittadini e migliaia di lavoratori.
Italo Bruseghini
Chiara Bonfanti