La statua dedicata al metodo Ilizarov posta in ospedale, dove tutto è iniziato

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Quarantatré anni fa il dott. Ilizarov operava in Siberia l’alpinista lecchese Carlo Mauri

Oggi la statua è esposta in ospedale, diventato centro di riferimento internazionale di questa tecnica ortopedica

 

LECCO – Per mesi quella statua è stata esposta all’esterno di Palazzo delle Paure, attirando l’attenzione dei passanti e addirittura del programma Striscia la Notizia che vi ha dedicato un servizio (vedi articolo), ora quel ‘femore’ gigante che rappresenta l’apparato di Ilizarov ha trovato collocazione dove tutto è iniziato: l’ospedale Manzoni di Lecco.

Dal nosocomio lecchese si è infatti diffusa in Occidente la tecnica per la cura di traumi e malformazioni ortopediche studiata dall’omonimo medico sovietico Gavriil Abramovič Ilizarov e scoperta per un caso fortuito dall’alpinista Carlo Mauri. Esattamente quarantatré anni fa, il 4 aprile del 1980, lo scalatore ed esploratore lecchese si sottoponeva in Siberia alle cure del dottor Ilizarov per guarire un problema alla tibia che lo attanagliava da anni.

Il giorno dell’intervento di Carlo Mauri in una foto storica diffusa dalla famiglia dell’alpinista

Fu lo stesso Mauri a proporre ai dottori Angelo Villa, Maurizio Castagni e al prof. Roberto Cattaneo di portare il metodo Ilizarov a Lecco e darne la più ampia diffusone.

La statua, realizzata dall’artista Jetmir Pjeternikaj in occasione della mostra “Carlo Mauri una vita in salita”, è esposta ora all’esterno dell’ospedale cittadino.

“L’avventura di Carlo Mauri per guarire la propria gamba lo ha portato verso quello che per noi medici, ai tempi, era un ignoto clinico ed è servita a portare questa conoscenza – ha rimarcato il direttore generale dell’ASST, Paolo Favini – Gli ortopedici di Lecco hanno imparato dal dottor Ilizarov e il nostro ospedale è diventato centro di riferimento nazionale per il suo metodo che ancora oggi è usato regolarmente dalla nostra ortopedia”.

Da sinistra il direttore Paolo Favini insieme a Francesca Mauri, figlia dell’alpinista, e il sindaco Mauro Gattinoni

Dagli anni Ottanta ad oggi, sono oltre 10 mila i pazienti curati a Lecco con questa tecnica e oltre tremila i medici giunti da tutto il mondo per formarsi al metodo di Ilizarov presso l’ospedale Manzoni.

“L’anima di Carlo Mauri, che lo ha spinto a non mollare, lo ha portato fino in Siberia per sottoporsi a questo intervento. Ilizarov gli prometteva la guarigione in tre mesi, una cosa che era impossibile in Occidente – ha ricordato il dott. Pietro Poli, direttore di ortopedia e  traumatologia dell’ospedale – Va riconosciuta anche la genialità del dott. Villa che ha voluto Ilizarov al congresso di Bellagio del 1981, dove si parlava di fissazione interna dell’osso e non esterna come invece era il metodo innovativo portato dal medico russo. Lui ci ha insegnato come l’osso non sia qualcosa di morto, ma è un tessuto vivo che può essere modificato. Ilizarov avrebbe dovuto parlare un quarto d’ora a quel congresso, finì per fare un intervento di tre ore”.

Il dott. Pietro Poli, primario di ortopedia

Un metodo differente, non solo nella tecnica ma anche nella gestione della convalescenza: “In sala operatoria si fa il 30% del lavoro, il resto è un continuo divenire, devi seguire il paziente e capire se la rigenerazione dell’osso è congrua e modificarla di volta in volta – ha spiegato il dott. Francesco Guereschi, ortopedico dell’ospedale Manzoni e presidente della Società Italiana Fissazione Esterna – Carlo Mauri si è spinto fino ad un luogo sperduto del mondo e ha deciso di fidarsi. Raggiunto il risultato non lo ha tenuto per sé, casualità ha voluto che trovasse proprio a Lecco dei medici estremamente attenti e sensibili, capaci di apprendere e far apprendere agli altri questa innovazione”.

Ad inaugurare la nuova collocazione della statua era presente Francesca Mauri, figlia dell’alpinista lecchese, ed anche Barbara Cattaneo, figlia del prof. Roberto Cattaneo.

Francesca Mauri

“La spedizione a Kurgan è stata la più importante di quelle realizzate da papà, perché ha cambiato la vita a molte persone – ha rimarcato Francesca Mauri – ringrazio quanti si sono adoperati affinché la statua potesse essere collocata qui in ospedale e grazie agli uomini illuminati di quel tempo che hanno reso possibile la conoscenza di questa tecnica nel mondo”.

“Dottori che avrebbero potuto dire di no, invece accolsero questa proposta innovativa – ha aggiunto Barbara Cattaneo, direttrice dei musei cittadini – il congresso di Bellagio, organizzato da mio padre, fu rivoluzionario e molti accademici inizialmente si opposero alla nuova tecnica. Ilizarov venne più volte a trovarci. Ricordo una sera di luglio, faceva molto caldo e lui ci chiese della vodka, oltre ad intrattenerci con dei giochi di prestigio. Una personalità geniale e al contempo eccezionale”.

L’esposizione dell’opera sull’apparato di Ilizarov in ospedale “è un passaggio di testimone – ha sottolineato il sindaco Mauro Gattinoni – la mostra a Palazzo delle Paure ha voluto raccontare Carlo Mauri in maniera diversa e che ha posto il tema del limite, della capacità di andare oltre ma dell’ansia da prestazione a cui siamo tutti sottoposti. Lui ha sofferto per 17 anni del problema alla gamba ma se la portava con sé sulle vette e sui ghiacciai. Rappresenta il connubio tra montagna e scienza. E’ un simbolo su cui tanti si interrogheranno”.