Riceviamo e pubblichiamo la risposta dell’azienda ospedaliera alla denuncia pubblica dei rappresentanti sindacali
La Nefrologia e i contagi tra i lavoratori, l’ASST smentisce che ci sia un’operatrice in rianimazione
LECCO – “In seguito agli articoli di stampa pubblicati in data odierna riguardanti la positività a COVID19 degli operatori della Nefrologia e Dialisi del presidio ospedaliero lecchese, la ASST di Lecco comunica i seguenti dati:
– su 119 operatori totali tra medici, infermieri, O.S.S. e un amministrativo risultano essere stati positivi al tampone COVID-19 27 operatori (molti dei quali asintomatici) in tempi diversi nel corso della seconda ondata.
Questo valore è cumulato nel tempo ovvero dalla seconda metà di ottobre a ieri 16 Dicembre, quindi in due mesi di osservazione. Nella giornata odierna risultano ancora positivi e in aspettativa per malattia o infortunio 8 operatori. Di questi positivi sappiano che una parte ha contratto l’infezione in comunità o nelle famiglie.
Si specifica che tra gli operatori della Dialisi extracorporea è in corso il protocollo di sorveglianza, alla pari del reparto di Oncologia, in quanto questi operatori lavorano con pazienti fragili e vengono sottoposti a tampone ogni 14 giorni.
Questa azione dei tampone “seriati” nel tempo consente di “rastrellare” eventuali contagi all’esordio e di poter così interrompere la catena di contagio. Bisogna riportare il dato della percentuale dei tamponi positivi su tutti i tamponi effettuati nella nostra provincia, che, partendo dal 3% di Ferragosto, è arrivato a picchi del 20% di positività.
Pur mettendo in atto tutte le procedure e le strategie preventive in ordine all’abbassamento del rischio infettivo il rischio non è azzerabile.
Il presidio in questa seconda ondata continua ad essere aperto per tutte le tipologie di pazienti sia ospedalieri, sia ambulatoriali. Anche gli operatori hanno una vita sociale, pur limitata all’ambito familiare ed eventualmente per le abituali funzioni della vita quotidiana: scuole, spesa, chiesa, genitori anziani.
Passando nel merito delle barriere in polietilene (controllate da organismi preposti) collocate per separare provvisoriamente ambienti di lavoro a maggior rischio di contagio, rispetto ad altri a minor rischio (COVID+/COVID-) si può affermare con ragionevolezza che tali barriere impediscono la commistione dei percorsi negli ambienti di lavoro: nella “Tecnica Ospedaliera” barriere architettoniche e fisiche guidano da sempre l’Igiene Ospedaliera. Si specifica inoltre che, anche se dalle fotografie pubblicate non si evince, i teloni sono sigillati alle pareti, al soffitto, ai pavimenti e sono collocati in doppio e sono pertanto efficaci. I pazienti sono in stanze chiuse e il divisorio divide solo due corridoi.
Per quanto concerne la O.S.S. non è mai stata ricoverata in rianimazione, né è stata in pericolo di vita.
Si ribadisce che le strutture sanitarie sono in perfetta regola per quanto concerne l’accreditamento istituzionale. Alla luce di questa pandemia le autorità nazionali e regionali hanno previsto miglioramenti tecnologici, vedi i ricambi orari, per i quali sono già stati presentati in Regione ed al Ministero progetti specifici correlati a finanziamenti dedicati, di cui siamo in attesa di approvazione.
In conclusione, si può affermare che in questa seconda ondata pandemica in tutto il mondo il rischio per i lavoratori della sanità è elevato, che vengono messe in atto tutte le procedure per contenerlo, che anche i cittadini continuano ad essere curati e che i meccanismi di sorveglianza attiva sugli operatori, sui degenti e sui pazienti ambulatoriali esterni stanno dando i loro frutti con la possibilità di circoscrivere i focolai nel loro momento di insorgenza”.