Leuci, i lavoratori al sindaco e prefetto: “Espropriate l’area”

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LECCO – “Non accettiamo che il lavoro di mesi venga buttato via così”. Lo hanno ribadito anche lunedì in assemblea sindacale gli 80 lavoratori della Leuci, che si sono ritrovati per fare il punto della situazione e capire quali azioni intraprendere dopo che la proprietà ha deciso di non accettare alcun accordo con gli imprenditori interessati ad acquistare o affittare parti dell’area.

A questo punto, senza altre alternative, la storia fabbrica lecchese andrebbe incontro ad una chiusura già annunciata per fine anno. Se le istituzioni hanno fatto capire di aver gettato la spugna dopo il “no” del patron della Leuci, Giuliano Pisati,  che di fatto ha affossato l’ambizioso progetto di creazione di un nuovo polo industriale all’avanguardia, i dipendenti dell’azienda non ne vogliono sapere e hanno già vagliato alcune azioni per contrapporsi alla chiusura.

“Chiederemo un incontro con il  sindaco e con il prefetto – spiegano dalla RSU – vogliamo che si valuti la possibilità di un esproprio dell’area per uso sociale. Serve una risposta forte perché, oltre Leuci, l’intero territorio è stato schiaffeggiato”.

Leuci_ lavoratori bloccano i cancelliE’ proprio sull’area che si concentra la maggiore attenzione dei lavoratori, che sanno quanto sia importante in questo gioco una possibile variazione nella destinazione dal suo uso  da industriale a residenziale o commerciale. Una variazione che nella quantità di un terzo dell’area era stata promessa a Pisati in cambio del suo assenso a vendere o affittare i restanti due terzi agli imprenditori interessati.

Ora, oltre alla chiusura della fabbrica, il timore è che prima o poi il terreno occupato dalla Leuci diventi spazio per nuovi condomini o supermercati.  Così, per evitare possibili speculazioni edilizie, i lavoratori stanno valutando anche l’ipotesi di una raccolta firme affinché l’area, se trasformata da uso industriale, sia destinata ad un uso di socialità.

Con loro, in assemblea, anche i sindacalisti Lorena Panzeri (Cgil) e Massimo Ferni (Cisl).