LECCO – E’ stato presentato nella mattinata di sabato presso la sede della Casa sul pozzo il bilancio 2013 della comunità di Via Gaggio. Un anno non facile in cui la crisi economica si è fatta sentire facendo mettendo in difficoltà la comunità nel poter iniziare il 2014/2015. Nonostante ciò con la passione di continuare a fare il proprio lavoro è ancora grande e l’intera comunità fa affidamento soprattutto sulla solidarietà della gente.
“La dimensione sociale – ha esordito Padre Angelo Cupini vera anima della casa sul Pozzo – è la risorsa principale che ci ha permesso di sostenere una situazione economica difficile come quella di questi anni e di capire come sia finito “il tempo del lavoro in proprio” mettendoci di fronte alla necessità di aprirci maggiormente verso la comunità, facendo divenire la nostra casa una parte integrante della dei nostri concittadini, cosi come è avvenuto con la tragedia le tre bambine di Chiuso rimaste vittime della loro stessa madre”.
“Simbolo dell’anno 2013 sono stati i ciottoli di fiume – spiega padre Cupini – che sono serviti a dare un nome per evocare i bambini, le donne e gli uomini che non hanno toccato terra italiana la notte del 3 ottobre 2013 perché morti nel Mare Mediterraneo e una volta ripescati, sono diventati un numero per essere identificati e sepolti. Questi ciottoli sono stati decorati e posti ai piedi dell’ulivo come simbolo di rinascita di fronte a una nuova patria, oltre quella di origine, di cui diventare cittadini”.
L’intero funzionamento della Casa sul Pozzo è rappresentato soprattutto dal Progetto Crossing; “Il progetto Crossing – spiega Valentina Nocita educatrice del centro – ha visto coinvolte circa 100 persone: il 73,27% di questi proveniva dall’Africa in particolare dal Senegal e dalla Costa D’avorio , l’8,91 % dall’Area Balcanica di cui la maggior parte dal Kosovo e dall’Albania, il 2,97% dall’Ucraina, il 2.97% dall’area Medio Orientale suddivisi tra India e Iran, l’8,91% dall’America Latina equamente ripartiti tra Perù, Colombia, Bolivia, Repubblica domenicana ed Ecuador, infine il 2,97% dall’Italia. La maggior parte di essi sono arrivati in Italia durante il 2011 e il 2013, ma molti altri sono nati direttamente nel nostro paese. Molti ragazzi – continua l’educatrice- hanno tra i 16 e i 22 anni, alcuni sono in cerca di lavoro, altri frequentano le scuole del territorio; tra le scuole, la più gettonata è l’istituto Bertacchi, mentre nessuno si è iscritto al liceo classico. La maggior parte dei ragazzi che prendono parte al progetto sono per lo più maschi e vi è una maggioranza di ragazzi di fede musulmana”.
All’interno del progetto Crossing lavorano: 40 volontari che aiutano i ragazzi nello studio e 13 volontari che si occupano del pranzo, momento molto sentito perché permette ai ragazzi di socializzare e di discutere di ciò che succede nel mondo e nella realtà che li circonda. Una grande novità introdotta nel 2013 è stata l’obbligatorietà della Banca del tempo; per poter frequentare Crossing servono 30 ore della banca del tempo, “Questo – spiega l’educatrice – ci ha permesso di facilitare l’accettazione delle attività da svolgere”.
“Infine – conclude Valentina Nocita- abbiamo iniziato a portare i ragazzi nella casa di Introzzo che la comunità di via Gaggio ha attivato nel 1977, per promuovere la messa in gioco dei ragazzi mescolando chi frequenta Crossing già da tempo e chi invece è appena arrivato. Un progetto che sta avendo molto successo tra i ragazzi, difatti molti di loro hanno già chiesto di tornarci”
Per quanto riguarda la parte economica invece: le uscite si sono così’ divise : 28% per il progetto Crossing, il 3% per la bottega del Telaio, 6,5% altri costi riguardanti la casa, il 22,5% per il rimborso mutui, 8% per altri oneri, 4% collaboratori progetti afferenti. Le entrate invece si sono divise tra : finanziamenti da enti per progetti (19,5%), donazioni per Crossing e borse lavoro (9,5%), donazioni all’Associazione e attività di formazione (34%), donazioni ed eventi (10%), cinque per mille (6%), attività Bottega del Telaio (9%)e altri proventi (12%).
L’attenzione è poi passata ai progetti “nuovi” che hanno preso piede nel 2013, il Progetto Lavoriamo Alto e il progetto living land con cui la casa sul pozzo ha collaborato attivamente.
“Il Progetto “Lavoriamo Alto”- spiega Eleonora Cortesi – è pensato per i 7000 ragazzi in panchina, ovvero i ragazzi che non lavorano e non studiano. Dall’anno 2013 sono stati attivati tirocini individuali di inserimento in aziende, esperienze pre-lavorative di gruppo, esperienze di cittadinanza e di volontariato, il tutto per oltre 230 adolescenti. Questo processo ha permesso un’opportunità di riorientamento esistenziale e di rimotivazione scolastico e ha sollecitato i contesti lavorativi del territorio a un’apertura a tutto campo anche nell’attenzione educativa”.
Il progetto living land invece è stato presentato da Paolo Dell’oro presidente di Consolida, “Il valore del progetto – ha spiegato Dell’Oro – ammonta a ben 3 milioni di euro e ha l’obbiettivo di coinvolgere cittadini e mondo profit nel sostegno a giovani e anziani fragili; in particolare il progetto viene attivato per sostenere le famiglie nella gestione a domicilio delle persone disabili o anziani e nell’accompagnamento alla vita di giovani e adolescenti in particolare per coloro che non studiano e non lavorano. Sul fronte giovani è un estensione al territorio provinciale del progetto lavoriamo alto, mentre sul fronte anziani e disabili consiste in una costituzione di una rete di vicinato per garantire un pronto intervento, abbassando i costi e “aumentando” il calore umano facendo sentire i più deboli parte di una medesima comunità”.
L’intero incontro è stato moderato da Massimo Campedelli, sociologo di Mantova che collabora attivamente con la comunità di via Gaggio.
A terminare l’incontro è stato il sindaco di Lecco Virginio Brivio che ha sottolineato come “La città deve essere attenta e orgogliosa di questi progetti e la sfida dei prossimi anni sarà rendere più significativa questa operazione poichè si configurano come una “manutenzione” tra le reti relazionali tra le persone e i vari enti del territorio”.” A Lecco – ha concluso Brivo – c’è bisogno di più cooperazione e di aprire nuove aziende per far si che il tema del lavoro non finisca in un limbo”.