LECCO – Sempre più persone nel lecchese ricorrono al Pronto Soccorso: se nel 2004 gli accessi totali erano stati 54.307, nel 2013 il dato è salito a 63.120; un trend in costantemente in aumento negli ultimi dieci anni e che emerge nella statistiche diffuse venerdì mattina in occasione del Dea Day, una giornata che l’azienda ospedaliera ha voluto dedicare al mondo dell’emergenza sanitaria.
In aumento non sono solo gli accessi ma anche i casi più gravi, i cosiddetti codici “rossi”, che hanno subito un’impennata in particolare dal 2010, quando si erano registrati 332 casi, al 2013, anno in cui si sono raggiunti i 1237 pazienti giunti in ospedali in condizioni critiche.
Punta verso l’alto anche l’andamento dei codici “gialli”, nei quali non vi è un’imminente rischio per la vita del paziente ma che sono pur sempre da trattare in tempi celeri e che dai 4222 casi del 2004 sono arrivati a toccare i 10.295 del 2013, un incremento del 140%.
Il grosso del lavoro del Pronto Soccorso lecchese riguarda i codici minori, in particolare i codici “verdi”, dove non si presentano rischi di vita nel paziente, anch’essi in crescita e oltre i 43 mila nel 2013. Al contrario sono diminuiti i codici “bianchi”, relativi a quei pazienti nei quali non si riscontrano condizioni particolari di urgenza, scesi dai 19.535 del 2004 ai 4236 del 2013, con la quota più bassa toccata nel 2010 ovvero 1219 pazienti.
L’incremento delle urgenze è stata riscontrata anche nel 2014, con 600 codici “rossi” e 4590 codici “gialli” solo tra gennaio e maggio dello scorso anno, e pure nei primi cinque mesi del 2015, quando i pazienti giunti in PS in condizioni critiche sono addirittura aumentati a 717, mentre 4873 sono stati i codici “gialli”.
Diversi i motivi di questa tendenza, come ha spiegato il dott. Luciano D’Angelo, direttore del Pronto Soccorso di Lecco, affiancato dal dott. Giovanni Buoncore, direttore del Pronto Soccorso di Merate: tra le cause ci sono le visite non urgenti che potrebbero essere effettuate attraverso altri canali, evitando quindi di intasare il pronto soccorso, gli accessi ripetitivi, l’invecchiamento della popolazione, ma anche fattori relativi all’adeguatezza numerica del personale sanitario e dell’efficienza, in termini di tempistiche, del supporto diagnostico, così come il sovraccarico di pazienti ricoverati che si scontra con la riduzione dei posti letto disponibili.
“Non è sempre colpa del medico di famiglia che indirizza il paziente verso il Pronto Soccorso – ha sottolineato il dott. D’Angelo – da parte nostra attueremo un piano di gestione e azioni correttive, serve anche l’interessamento della politica, responsabile delle scelte e degli investimenti. Infine occorre un’alleanza tra gli utenti e gli operatori, affinché venga fatto buon uso del Pronto Soccorso. Il messaggio da lanciare è questo: vacci quando veramente serve e in caso contrario considera percorsi alternativi”.
Il rischio, sottolineato dallo stesso direttore, è quello del sovraffollamento del Pronto Soccorso con conseguente aumento delle attese, non solo per i casi meno gravi ma anche per le urgenze, quindi più esasperazione e atti di violenza da parte di chi aspetta di essere visitato, più stress ed errori da parte dei sanitari e quindi più contenziosi legali per l’azienda ospedaliera ma soprattutto della mortalità dei pazienti.
Per questo motivo a breve il Pronto Soccorso lecchese si doterà di uno strumento informatico per misurare in tempo reale la percentuale di sovraffollamento della struttura e registrare tre differenti livelli di allarme.