Arrigoni (Lega): “Accordo PD su elettività Senato è presa in giro per elettori”

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Il senatore Paolo Arrigoni
Paolo Arrigoni
Paolo Arrigoni

LECCO – “La riforma costituzionale aveva al suo debutto obiettivi condivisibili per la Lega Nord. Il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione dei parlamentari e la revisione del Titolo V erano finalità presenti anche nella Devoluzione del 2005 poi bocciata con il referendum popolare del 2006, dove il centro sinistra, allora poco ‘propenso’ alle riforme, parlando di demolizione della Carta costituzionale e di rischio di deriva autoritaria spinse per la bocciatura.

Ma il ddl Renzi-Boschi è andato via via peggiorando, soprattutto in seconda lettura alla Camera. Per la Lega, coerente anima riformatrice e federalista del paese, è inaccettabile lo svuotamento di funzioni delle Regioni che favorirà il ritorno dell’accentramento statalista di ogni scelta di rilievo, rafforzato persino con la clausola di supremazia, che fatalmente produrrà ulteriore inefficienza e crescita della spesa pubblica; è inaccettabile relegare il Senato a luogo svuotato di funzioni senza attività legislativa autonoma; è inaccettabile la mancata elezione diretta dei Senatori che – come i presidenti delle ‘nuove’ Province – saranno sottratti a qualsiasi controllo diretto del popolo.

Proprio l’elettività del Senato, sulla quale purtroppo nelle ultime settimane si è esclusivamente rivolto il dibattito, è stato un pretesto per il premier Renzi, da un lato per coprire i più ‘significativi’ contenuti della riforma e dall’altro per condurre e poi vincere una battaglia nella guerra di potere interna al Pd. Di fatto, l’accordo politico trovato sull’elettività all’art. 2, oltre che un pasticcio, è un’umiliazione per la minoranza PD, ma soprattutto è una presa in giro per i cittadini. Di certo alla prossima legislatura i componenti di Palazzo Madama saranno scelti dai consiglieri regionali, con buona pace degli elettori che dovranno restare in attesa di una legge ordinaria (che potrebbe non arrivare mai) che dovrà stabilire le modalità di elezione dei senatori-consiglieri.

La Lega Nord vuole una riforma diversa, con più federalismo mediante maggiori poteri alle Regioni, con più autonomia finanziaria degli enti territoriali, con più sovranità popolare, con meno ingerenza dell’Unione Europea e, soprattutto, con meno spesa pubblica attraverso anche la riduzione del numero dei deputati che nessuno ha capito perché deve rimanere a quota 630.

Ma al di là delle opposte visioni politiche in ordine alle maggiori o minori funzioni attribuite al Senato, al centralismo contrapposto al federalismo, e a quale concezione della democrazia preferire tra quella assembleare fondata sulla centralità del Parlamento o quella fondata sulla responsabilità dell’esecutivo (di stampo renziano), quello che preoccupa è il combinato disposto tra riforma Costituzionale e Italicum (con premio di lista) che senza adeguati contrappesi rischia di portare il Paese in un pericoloso crinale. Per la Lega inquieta avallare un’architettura dello Stato – che potremmo definire del ‘Segretario (di partito) Forte’ – che consegna nelle mani del partito di maggioranza relativa il 55% dei deputati, magari raccogliendo solo il 25% dei consensi e, la maggioranza dei senatori (p.es. con l’attuale assetto delle Regioni) e dunque a cascata oltre alla Presidenza del Consiglio, le Presidenze di Camera e Senato e, soprattutto, il controllo degli organi di garanzia rappresentati dal Presidente della Repubblica, dalla Corte Costituzionale e dal CSM, senza dimenticare la nomina delle Authority.

E’ grave e pericoloso l’errore che si sta commettendo nel rivedere l’architettura dello Stato con un disegno di legge non parlamentare ma emanato da un Esecutivo con un premier senza legittimazione popolare ma nominato, pensando esclusivamente a capitalizzare il consenso ed il potere presente, prescindendo da chi in futuro potrà essere alla guida del paese.

E’ in questo contesto, nel silenzio o quasi di costituzionalisti e uomini di cultura che – a differenza di 10 anni fa – non vediamo più intenti a sottoscrivere appelli al capo dello Stato, e nella totale assenza delle lontane oceaniche manifestazioni di protesta, che la Lega Nord ha presentato 85 milioni di emendamenti. Non basta fare le riforme a prescindere. Queste devono essere di qualità. Se sono scempi (come la Delrio sulle Province), si tenta di migliorarle ad ogni costo, diversamente le si blocca. E non è la Lega che offende la dignità delle Istituzioni con la valanga di emendamenti. Chi umilia il Parlamento è semmai Renzi che dopo avere sostituito in commissione affari costituzionali senatori del PD a lui poco allineati, ha imposto l’approdo del provvedimento in aula senza l’esame in commissione.

L’ostruzionismo si attua perciò anche per salvare la democrazia. A ritirare gli emendamenti, come il collega Calderoli ha già fatto in parte, c’è sempre tempo, purché anziché insistere nel concentrare ogni scelta decisiva nelle mani di un potere centrale che presume di sapere meglio di tutti quale sia il bene comune, si punti invece sulla libertà e sulla responsabilità delle persone, delle imprese, delle comunità locali e dell’autonomia degli enti territoriali”.

Senatore Paolo Arrigoni – Lega Nord