
LECCO – Agosto tempo di ferie e anche le imprese lecchesi che, dopo anni di forti difficoltà, possono tirare il fiato, grazie anche ad un inizio di 2016 che lascia ben sperare.
“Il dato può apparire banale ma non lo è: rispetto al passato, molte aziende questo agosto chiuderanno per tre settimane, non perché non c’è lavoro come successo le scorse estati, ma perché se lo possono permettere. Hanno già un portafoglio di ordini per settembre e quindi riusciranno trascorrere le vacanze con più serenità. Si respira maggiore ottimismo”.
A parlarcene è Daniele Riva, presidente di Confartigianato Lecco e da marzo alla guida della Camera di Commercio di Lecco. Alla pari dei suoi colleghi imprenditori, ha guidato la sua azienda oltre la crisi economica che ha colpito in modo evidente anche il territorio lecchese; oggi il peggio sembra alle spalle.
Si può finalmente parlare della tanto auspicata ripresa economica?
“La ripresa c’è anche se è abbastanza schizofrenica, altalenante. Le aziende lavorano, soprattutto quelle nel comparto delle microimprese, senza una prospettiva delineata per il futuro ma nemmeno con discontinuità, si va avanti giorno per giorno. Qualcuno sette anni fa diceva che dalla crisi ne saremmo usciti cambiando pelle ed in effetti così è stato: oggi le imprese si sono adattate all’elasticità dei ritmi di lavoro, con settimane più intense e altre meno, hanno capito che devono essere in grado di dare risposte immediate alle richieste del mercato”.
La crisi ha quindi imposto un cambio di marcia, come hanno reagito gli imprenditori lecchesi?
“E’ stato necessario rinnovarsi sotto tutti profili, da quello gestionale all’attenzione cliente, cosa non scontata soprattutto per i piccoli che vivevano di clientela abituale e che hanno dovuto guardare oltre, sviluppando in modo più attento anche la gestione finanziaria dell’impresa, per produrre dei risparmi. L’internazionalizzazione è stata un’innovazione per aziende che si sono sempre rivolte al mercato interno. L’export è stata quindi una novità per tanti soprattutto nella sua gestione, perché arrivare sui mercati esteri non è come vendere a Milano e nelle regioni vicine alla nostra. Andare all’estero non vuol dire partecipare alle fiere e sperare l’incontro fortunato con il cliente, è necessario un processo di preparazione, indagini di mercato. Da diversi anni Confartigianato e Api hanno attivato un servizio per aiutare con consulenti le imprese che guardano all’internazionalizzazione ed anche la Camera di Commercio ha messo in campo i suoi progetti”.

Gli ultimi dati relativi alla cassa integrazione nel primo semestre di quest’anno vedono l’artigianato zoppicare ancora rispetto ad altri settori, qual è il sentore tra i suoi associati?
“Si fatica ancora a partire. Quando è iniziata la crisi la media industria ha internalizzato certe produzioni, ora a mio parere siamo vicini alla fase opposta: gli ordini aumenteranno e ci si rivolgerà come in passato ai subfornitori. Già in questi ultimi mesi non ho sentito lamentarsi nessuno della mancanza di lavoro. Dopo sette anni di buio si intravede oggi la luce”.
Si aspetta anche una ripresa dell’occupazione?
“Alcune azioni messe in atto da Governo, come il Jobs Act, hanno sbloccato una situazione che si era incancrenita. Negli anni passati le imprese sono state prudenti nelle assunzioni e ancora oggi lo sono perché la crisi ha lasciato il segno. Il ricorso alla cassa integrazione in certi casi è stato necessario per evitare di dover ridurre il personale. Io credo che l’aumento del lavoro per le imprese possa coincidere con un incremento dell’occupazione, non saprei dire in che tempi e in quali numeri perché le imprese hanno mantenuto questo atteggiamento di prudenza. In certi casi, invece, si vorrebbe assumere ma non si trova il personale qualificato”.
E’ qui che entra in gioco l’alternanza scuola-lavoro su cui avete lavorato, come associazione datoriale, negli ultimi anni?
“Certamente, rappresenta la svolta del futuro. Con la riforma della scuola saranno istituite 400 ore di attività nelle aziende per gli studenti, 200 ore per i liceali. Dobbiamo essere bravi nel gestire questa opportunità già dal prossimo anno. Serviranno aziende disponibili e che siano pronte ad affiancare gli studenti. Formare una persona offre un vantaggio reciproco, all’azienda che crea i lavoratori del futuro e allo studente che può acquisire competenze e conoscere il mondo dell’impresa”.

Parlando di riforme, quella sulle Camere di Commercio ha creato un quadro di incertezza per le sorti dell’ente camerale lecchese. Ora che Monza ha scelto la fusione con Milano, che ne sarà della Camera di Commercio di Lecco? Nel frattempo diversi enti, associazioni imprenditoriali e sindacati hanno già scelto fusioni con altri territori, chi con Como e chi con Sondrio; la sanità ci lega invece a Monza. Come chiarire un quadro oggi così confuso?
“Siamo ancora in piena nebbia. Nelle ultime settimane tanti hanno confermato quella che è una mia convinzione: attendiamo il risultato del referendum e quindi l’istituzione o meno delle Aree vaste. E’ dalla delineazione territoriale di queste ultime che, a mio parere, dovrà essere deciso l’assetto degli altri enti, quindi anche della Camera di Commercio. Il triangolo camerale Lecco-Monza- Como ci avrebbe reso una potenza. Se verrà confermata l’area vasta con Monza, tornare indietro su decisioni prese o unioni territoriali già siglate sarà solo questione di volontà”.

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