LECCO – “Padre Turoldo era un grande poeta, era vero, nelle sue opere esprimeva il travaglio dell’uomo di fede, perennemente tormentato dal dubbio” così Moni Ovadia, ospite, venerdì sera, al teatro della Società di Lecco, a proposito di David Maria Turoldo, in occasione del centenario dalla nascita del religioso, poeta e cittadino onorario lecchese.
La serata, introdotta dal giornalista Vittorio Colombo, ha visto sul palco Moni Ovadia, artista, di origini ebraiche che si professa agnostico, noto per il forte impegno etico e politico, che ha tracciato il profilo di Turoldo, quale “uomo di statura inimmaginabile, profondo conoscitore della dottrina e animato dalla fede cattolica”.
Un monologo all’interno della vita della controversa figura del religioso, visto da molti come rappresentante del cambiamento del cattolicesimo nel ‘900, tanto da definirlo con l’appellativo di “coscienza inquieta della Chiesa”, seguendo le tracce della Salmodia della speranza, un testo del 1965 nel quale la scansione liturgica si trasforma in una tragica cronologia del secondo conflitto mondiale, un percorso che, partendo dalle lotte e dagli odi, giunge, attraverso il perdono finale, a invocare la rigenerazione spirituale dell’umanità nel nome della pace.
Moni Ovadia, nato a Plovdiv, in Bulgaria, nel 1946, conosciuto come creatore di una forma di teatro musicale ispirato al vagabondaggio culturale e reale del popolo ebraico, ha ripercorso la vita spirituale e l’impegno militante incessante “a denuncia delle ingiustizie, senza mezze parole o esempi generici” di padre Turoldo, più volte da lui portato in scena negli ultimi anni in diverse forme di spettacolo.
L’appuntamento, inserito nell’ambito del progetto “Il vento dello spirito – Perché verità sia libera” è stato proposto e organizzato dal Comitato Lecchese per il Centenario di David Maria Turoldo, il Comune di Lecco e la Fondazione Santa Maria del Lavello.