LECCO – La Lecco-Bergamo è un’infrastruttura già lastricata da troppi ritardi e disagi, per non parlare delle promesse spese un po’ ovunque e da chiunque. Per evitare (e siamo già sulla buona strada purtroppo) che diventi una sorta di “Fabbrica del Duomo” o una Salerno-Reggio Calabria in miniatura, occorre che i soggetti interessati mettano veramente da parte l’interesse particolare, i temi propagandistici, i registri accusatori nel segno del “piove Governo ladro” e mettano insieme le forze per avere un peso contrattuale decisivo sui tavoli che contano. E rafforzare l’interlocuzione con la società incaricata per evitare che il contenzioso in atto diventi paralisi per l’opera.
Nell’ordine del giorno approvato dal Consiglio comunale lo scorso lunedì ci sono due punti chiave che dovrebbero interessare ai lecchesi. Il primo riguarda la disponibilità del Comune a concorrere al finanziamento ancora necessario per l’ultimare l’opera. Ma con una condizione, che prevede di destinare le necessarie risorse (1 milione) per ultimare il sottopasso ciclopedonale di Rivabella.
L’altro aspetto riguarda un’operazione e una prospettiva più strategica e si riferisce alla opportunità (io dico necessaria) che la Lecco-Bergamo diventi strada di livello regionale con quel che ne consegue in termini di cantiere, manutenzione, finanziamenti anche per ulteriori tratti da realizzare.
Non solo, la Lecco-Bergamo non può interessare solo i capoluoghi ai quali è “intestata”, perché in questo quadro non può essere esclusa la Provincia di Sondrio. Se la Valtellina vuole rilanciarsi e evitare che il turismo invernale si orienti verso le piste quasi piatte del Piemonte o le Valli bergamasche, occorre che il sistema delle infrastrutture sia concepito secondo una molteplicità di poli e quindi di una molteplicità di soggetti e Istituzioni, altrimenti si scade nella logica strettamente geografica delle partenza e dell’arrivo. Ricordo un esempio che mi veniva fatto nelle mie prime frequentazioni politiche: mi riferisco al richiamo spesso evocativo di parlamentari ed esponenti delle istituzioni, nei quali si affermava, con ovvietà, che il tempo era denaro e ogni ritardo costava un occhio della testa. E a sostegno di questa tesi, carta alla mano, mi fu evidenziato che il primo km della nuova SS36 costò un miliardo di lire e l’ultimo 10 miliardi. Sono cifre eloquenti che impongono un cambio di velocità e mi spiace che alcune forze di opposizione non abbiano voluto condividere una posizione che non voleva portare l’acqua a nessun mulino, bensì metri di strada a ciascun cittadino.
Virginio Brivio
Sindaco di Lecco