LECCO – Un’indagine sulle banche italiane e sulle cause che hanno portato al disastroso crollo di alcuni dei più importanti istituti di credito,“un grande imbroglio” fatto di “conflitti d’interesse, consulenze inutili e favori agli amici” dove la “trasparenza è una fastidiosa incombenza da evitare”.
Sergio Rizzo, vice direttore di Repubblica, è stato ospite mercoledì pomeriggio alla Libreria Ibs di via Cavour per presentare il suo ultimo libro “Il Pacco” incontrando il pubblico di lettori nell’incontro che è parte della rassegna di Leggermente.
Storica firma del Corriere della Sera, editorialista, uno dei giornalisti più noti apprezzati, Rizzo è autore di diversi libri, tra i più celebri c’è sicuramente La Casta scritto con Gian Antonio Stella che ha fatto su luce su privilegi e vizi della classe politica italiana.
Il suo ultimo lavoro parla di banche ma la politica anche qui, racconta l’autore intervistato dal giornalista Andrea Brivio, ha un suo ruolo e non da poco. Il sistema creditizio italiano ad un certo punto va in corto circuito, mentre sullo sfondo è già in atto da tempo la crisi della finanza internazionale: cadono colossi come la Leman Brothers, l’olandese Abn amro che innesca la vicenda di Antonveneta, banca che sarà acquistata per un prezzo spropositato, quasi 10 miliardi di euro, a cui poi si devono sommare altri 7,5 miliardi di debiti che la stessa banca veneta avrebbe dovuto restituire al gruppo olandese e 3 miliardi di sofferenze.
Una sciagura per la “più antica banca del mondo, l’unica di quelle italiane a non essere mai stata privatizzata, la prima ad essere stata nazionalizzata” ricorda Rizzo. “Scelte azzardate, che hanno messo in ginocchio il Monte dei Paschi, dettate da una classe dirigente impreparata, scelta dalla politica che controlla la banca attraverso la Fondazione”.
Banche e politica si legano anche ad Arezzo, nel 2015 esplode il caso di Banca Etruria, dove è nominato vicedirettore Pier Luigi Boschi, padre dell’allora ministro Maria Elena Boschi. La vicenda di Banca Etruria riguarda anche Lecco, e la Popolare Lecchese a suo tempo acquistata dalla banca aretina per 15 milioni, poi rivenduta dopo una pesante svalutazione. Soldi in fumo, risparmiatori che si sono visti svanire le ricchezze accumulate in una vita nel crac bancario dopo aver investito in obbligazioni subordinate e azioni della loro banca, perché mai si sarebbe immaginato che una banca potesse fallire.
“Una vicenda che ha eccome il suo peso nella disfatta elettorale del Partito Democratico – sottolinea Rizzo – è evidente che una parte della sinistra è stata identificata come il partito delle banche. Già la vicenda Unipol – e dalla celebre frase intercettata tra Fassino e Consorte: “Abbiamo una banca?” – aveva lasciato intendere che la sinistra fosse più interessata ai rapporti con i banchieri piuttosto che con ciò che resta della classe operaia”.

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