Vino che ha tagliato il traguardo dei 10 anni dalla pubblicazione del suo disciplinare
RUBRICA – Un saluto carico di speranza e ottimismo ai lettori di Lecconotizie che apprezzano il vino italiano di qualità che, senza esagerare, può contribuire a superare queste orribili giornate in “zona rossa” senza cadere in depressione.
Vista la citazione del colore e la recente esperienza degustativa di un paio di ottimi Valpolicella Superiore “Ripasso”, colgo l’occasione per parlarvi in modo semplice e coinciso di questo vino che ha tagliato il traguardo dei 10 anni dalla pubblicazione del suo disciplinare.
Nonostante questa DOC sia stata ufficializzata di recente, anche in passato venivano prodotti vini con questa particolare tecnica che coinvolge anche la produzione dell’Amarone, il vero “pezzo da novanta” di questa bellissima zona collinare del veronese.
Per rendere meglio l’idea il suo nome completo sarebbe “Valpolicella Superiore ripassato sulle vinacce dell’Amarone”. Un vino che viene prodotto con due fasi di lavorazione, la prima in autunno con la produzione della Valpolicella Classica, la seconda dopo alcuni mesi in cui le uve sono rimaste ad appassire, per produrre il Recioto Amarone. Successivamente, dopo la svinatura dell’Amarone, la Valpolicella viene subito messa in contatto (ripassata) a queste vinacce per arricchirsi di sostanze e di umori riconducibili all’appassimento.
Generalmente il vino acquisisce maggior corpo, morbidezza e grado alcolico ma le variabili che distinguono i vari prodotti sul mercato sono molteplici.
Ad esempio le percentuali dell’uva Corvina utilizzata in proporzione alle altre uve locali come Rondinella, Molinara, Negrara, Corvinone e Olseleta, oppure anche alla ricchezza delle vinacce su sui è avvenuto il ripasso o ancora quanto duri il periodo di contatto e di permanenza con esse.
Attualmente, rispetto alle prime apparizioni di Valpolicella Ripasso sugli scaffali delle enoteche e nelle carte dei vini, la tendenza è quella di non esagerare con estrazione e riduzione, che danno origine ai vini cosiddetti “cigliegioni” spesso al limite della stucchevolezza.
Salvo rare eccezioni, sto degustando dei prodotti molto piacevoli da bere ma non privi di freschezza e di un certo nerbo, e la conferma è arrivata con l’assaggio comparativo del “Ripassa” di Zenato e del “Monte Gabri” di Tenuta S. Antonio. Più strutturato e potente il primo, più profumato e raffinato il secondo, comunque due ottimi prodotti che hanno accompagnato egregiamente un bel risottino con la luganega e un’accoppiata di formaggi del territorio come Monte Veronese DOP e Garda riserva.
Per quanto concerne altri prodotti assaggiati (ormai da qualche tempo purtroppo) ricordo il “Campo Fiorin” di Masi e il “Valpantena” di Bertani, due colossi che probabilmente sono stati i veri pionieri di questa particolare tipologia.
Ho trovato ottima qualità anche in quelli di Tommasi, Speri e Le Salette, ognuno con la propria impronta e le proprie diverse sfumature e poi, se mi venisse la voglia di un bel vinello di nicchia, ricordo di essermi messo sull’attenti davanti al “Campi Magri” di Corte Sant’Alda.
Gli Abbinamenti
Per quanto concerne gli abbinamenti ritengo la Valpolicella Superiore Ripasso un vino molto versatile, non è mai un vinone austero e impegnativo, quindi lo vedrei bene con primi piatti saporiti con ragù di carne o selvaggina, ottimo anche sulle carni bianche (pollame, coniglio, vitello) cucinate per tradizione alla cacciatora, alla boscaiola o con i funghi porcini ed infine con formaggi a pasta semidura, saporiti ma non particolarmente aggressivi come i due ottimi latteria di Val di Lei e di Fusine che mi ha selezionato l’amico Christian della Salumeria – Bistrot “Filet”.
Vi saluto con la raccomandazione di non perdere allenamento e passione per l’enogastronomia e la degustazione, quindi continuiamo ad assaggiare per credere!
Roberto Beccaria