Viaggio a Milano per l’ultimo saluto al cardinale Martini

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LECCO – Partirà di prima mattina dalla stazione ferroviaria di Lecco il gruppo di lecchesi, guidato da Padre Angelo Cupini, che lunedì raggiungerà Milano per dare l’ultimo saluto al cardinale Carlo Maria Martini, scomparso venerdì all’età di 85 anni.

Il ritrovo è previsto per le ore 05, per prendere il primo treno per Milano previsto per le 05,15; il ritorno a Lecco avverrà sempre in treno tra le ore 08 e le 09. In serata invece, alla Casa sul Pozzo, verrà celebrata l’Eucaristia, intorno alle 20.30.

“La presenza per oltre 20 anni di Padre della Chiesa di Milano e la continuità del suo magistero nella comunicazione in cosa e come ha segnato la vita personale e comunitaria”, ha commentato Padre Cupini.

Lo stesso ha deciso di rendere pubbliche le lettere ricevute da conoscenti e amici, che hanno voluto dedicare un pensiero al cardinale Martini:

In questo momento di profonda tristezza per la perdita del Cardinal Martini, mi unisco a te, padre Angelo ed alla comunità tutta. la sua testimonianza di Fede e di Vita rimarranno comunque nei nostri cuori! Un abbraccio. Donatella

Carissimo padre Angelo,
un saluto e un grazie. Ho appena ricevuto il messaggio che hai inviato su padre Carlo Maria Martini: GRAZIE . Ho anch’io ricordi e davvero è stato ed è Padre, pieno di tenerezza, pieno di Dio, pieno di fraternità , quel sorriso abbozzato che diceva tutta la sua persona e il suo essere per l’uomo/la donna e per Dio. Innamorato di Gesù innamorato della vita, della amicizia ( come ricordo la sua amicizia con don Luigi Serenthà), davvero grato al Signore per averlo donato al mondo, perché così è stata la sua vita e sarà ricordato.
Giovanni Varini

Carissimo Angelo, grazie per le tue parole…
Anche per me, ma per tutti (credo), si tratta di una morte (e di una vita) “significativa”..
A lunedì, Lina

Grazie!!… Sì, un Padre di una Chiesa in cammino verso i Fratelli. Ora una “paternità” in più cha da Là si riversa su noi!!! Sr. Tiziana

Caro Padre Angelo,
ho seguito poco la vita ed i suoi innumerevoli scritti di Mons. Carlo Maria Martini; purtroppo, non ero della sua Diocesi e, di quel poco, pur riconoscendo la sua statura di religioso e lo spessore intellettuale vedendolo sempre con il volto triste non mi invogliava ad avvicinarmi.
Mi è bastata la tua testimonianza, le foto con il volto disteso, qualche piccolo sorriso, durante il suo 60° a Gressoney e l’articolo di Aldo Maria Valli per farmi recuperare, seppur in piccola parte, quanto ho ed abbiamo perso con la sua morte.
Francesco con saluti ed un abbraccio

Grazie Angelo per il tuo pensiero.
per me è stato un punto di riferimento, anche se faccio fatica a seguirlo x le sue capacità intellettuali.
mi ricordo di un anno che siamo stati invitati dal Colmegna a Milano x una festa e lui è passato accanto a noi mentre facevano la festa. mi ricordo la sua autorevolezza che a volte poteva sembrare austera.
uno sguardo di incrocio al suo passaggio, questo mi è rimasto impresso dal quel giorno.
ho sentito con piacere le ultime sue volontà di preghiera x la nostra Madre Chiesa.
a noi continuare questo sentiero.
Angelo B. (che invia questo articolo di Angelo Maria Valli)
Ricordo lo sguardo
Fa un freddo cane a Londra. È il marzo del 1995. La tramontana sferza la città. Ma la gente accorsa a Westminster non ci bada. Tutti in coda, da bravi britannici, aspettano di entrare. È la cattedrale cattolica, non quella anglicana, e sono lì per ascoltare un cardinale di santa romana Chiesa. È Carlo Maria Martini, l’arcivescovo di Milano. L’ha invitato il suo amico Basil Hume, anche lui cardinale e anche lui religioso: Martini gesuita, Hume benedettino. I due si somigliano: alti, riservati, apparentemente distaccati ma in realtà timidi e semplici. Padre Basil ha chiesto a padre Carlo Maria di commentare un passo evangelico, il giovane ricco che non se la sente di seguire Gesù. È l’eterno confronto tra l’insegnamento evangelico e il materialismo. Martini parla in inglese, per più di un’ora, e dentro la cattedrale non vola una mosca. Più che dare risposte, il cardinale fa domande: in che misura l’invito di Gesù («Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi viene e seguimi ») ci dice ancora qualcosa?
È un messaggio che può essere recepito da un uomo, quello contemporaneo, che quando crede in Dio crede più che altro in una forza misteriosa e fatica a concepire l’idea di un Dio personale nel senso cristiano? Ma la risposta alla fine arriva, ed è carica di speranza. Anche se ci sembra il contrario, il «lavoro di redenzione» è presente in molti aspetti della vita e delle persone. Nonostante il materialismo, ci sono «segni inconfondibili della presenza redentrice di Dio». Occorre soltanto andare oltre le apparenze, grattare sotto la superficie.
Dopo la conferenza, mentre gli ordinatissimi londinesi tornano a casa intabarrati e meditabondi, il cardinale Martini si ricorda dell’invito del cronista ed esce sul piazzale. Il freddo, se possibile, si è fatto ancora più intenso. «Allora, quanti secondi ti servono?». Sua eminenza sa bene che in televisione si va per le spicce, e sa che se parla troppo poi il cronista deve fare i salti mortali per tagliare. Dico: «Eminenza, un minuto, ma meglio cinquanta secondi, come al solito». Risponde che va bene. E parla per cinquanta secondi esatti. È avvolto in un mantello nero. È torinese, ama andare in montagna, non teme il freddo, eppure noto che il suo naso si è arrossato. Glielo faccio notare: vuole che rifacciamo l’intervista in un posto più riparato? «Ma no, non importa». Più di quindici anni dopo, a Gallarate, nella grande casa dei gesuiti (con l’ultimo piano adibito a residenza per i padri più anziani e malati), vado a trovare il cardinale che ha dovuto dire addio a Gerusalemme, la sua amata Gerusalemme, a causa del Parkinson, questa malattia crudele che ti imprigiona nel tuo stesso corpo e che tuttavia lui, il cardinale, non ha mai maledetto, ma ha sempre accettato con serenità, come la volontà del Signore.
Sul campanello c’è scritto “padre Martini”, non “cardinale”. Sono due stanze piuttosto piccole. La poltrona è in fondo, accanto alla finestra che dà sul giardino. È un’altra giornata fredda, di febbraio. Martini indossa un maglione e sorride. Lo fa con gli occhi, perché la parola se n’è andata, ridotta a un soffio, a un sussurro impercettibile. È don Damiano, fedelissimo e devotissimo, a fare da “traduttore” quando occorre. Ma il dialogo va avanti soprattutto con gli sguardi reciproci. Sulla poltrona il cardinale, anzi il padre Carlo Maria, non sta troppo comodo. Tende a scivolare. E allora mi fa capire di aiutarlo a rimetterlo a posto. Lo abbraccio, cerco di sollevarlo e di sistemare i cuscini perché lo sorreggano meglio. Se penso alle tante interviste che gli ho fatto, a come appariva ieratico, a come ero emozionato e confuso le prime volte, quando pensavo che mi avrebbe giudicato male per la banalità delle mie domande, non posso credere che ora lo sto accudendo come se fosse mio padre.
Noto il suo sguardo. È azzurro e limpido come sempre, ma ha guadagnato un che di fanciullesco. Non sono gli occhi di un uomo triste, né rammaricato per il fatto di essere diventato debole e bisognoso di assistenza. Anzi, è uno sguardo decisamente felice e carico di gratitudine. In uno dei suoi ultimi interventi pubblici ha citato quel proverbio indiano al quale è tanto affezionato: «Dapprima impariamo, poi insegniamo, poi ci ritiriamo e impariamo a tacere. E nella quarta fase, l’uomo impara a mendicare». Lui non teme di mendicare. Dice in un sussurro: «Se qualcuno, aiutando questo vecchio, può santificarsi, io sono contento».
La fiducia nella vita e nella bontà di Dio: è il suo segno distintivo. In quel febbraio 2011, accanto alla finestra, oso chiedergli come vede la Chiesa. Dice: «Forte nei suoi ministri, debole nelle strutture. Poco capace di servire le esigenze del mondo d’oggi. La Chiesa pensa troppo in termini politici a come vincere, e così perde la capacità profetica».
A Milano parlò dei credenti come di “piccolo gregge”. Non forza d’urto, ma seme che dà frutto solo se muore. Nell’appartamentino di Gallarate c’è un pallone. Gliel’ha regalato l’amico padre Francesco Radaelli, che in gioventù fu eccellente giocatore. Dice che dare qualche calcio alla palla può aiutare il padre Carlo Maria a migliorare la mobilità degli arti inferiori. Martini guarda la palla e sorride con gli occhi: pensa un po’ come può essere fantasioso l’amore di un amico. A me viene in mente il cardinale in parete, col caschetto in testa, le corde e i moschettoni, mentre scala. Gli è sempre piaciuta la montagna. «Era bello – dice – arrivare in cima e vedere entrambi i versanti». Le ragioni degli altri. Come sono le sue preghiere, oggi? «Di intercessione per la pace a Gerusalemme e ovunque. Per la diocesi ambrosiana. Ma soprattutto di ringraziamento. Per come Dio ha accompagnato la mia vita, per le tante persone che mi ha messo accanto lungo il cammino. Dio mi ha viziato. Mi ha sempre mostrato la sua bontà e che Lui prepara la strada per ciascuno di noi». Si agitano i pini nel giardino dei gesuiti. Un vento gelido. Ma dentro, nell’appartamentino, si sta bene con il padre Carlo Maria.
Aldo Maria Valli

Carissimo Angelo,
era una notizia che prima o poi doveva arrivare; la morte sta nell’ordine delle cose. La sensazione che condividiamo noi tre che siamo qui in vacanza è che siamo più soli, e non avremo più quella parola confortante che ha dato quest’uomo a credenti e a tutti coloro che si dibattevano nelle difficoltà.
Usando l’espressione di quell’altro uomo -difficile e controverso- che è stato Giovanni Paolo II, in un’epoca in cui Dio sembra essersi rinchiuso in uno scontroso silenzio e non parli più agli uomini, Martini è stato profeta e ha dato conforto. I poveri detrattori di ieri e di oggi che giocano a fare i distinguo non sono in grado di capire, e forse meritano compassione; ma qualcuno suscita anche rabbia, con la sua provata malafede.
Un affettuoso abbraccio,
Mario Sartor

Caro Angelo,
la sensazione alla notizia della morte di Carlo Maria Martini è stata un senso di gratitudine perché ci è stato dato conoscerlo e il timore che alla nostra società mancherà la sua parola serena e rigorosa e mancherà a questa chiesa “indietro di duecento anni” come ha affermato lui stesso nell’ultima intervista dell’8 agosto.
Ora sono a Colmenar Viejo dove domani iniziamo un laboratorio sulla missione. Stamattina ho passato il tempo del volo leggendo tutti gli articoli che oggi hanno pubblicato su di lui il Corriere e Repubblica. E’ bello vedere come il mondo laico abbia riconosciuto in lui un padre…
Lunedì mi toccherà animare la preghiera del mattino e non mancherà una memoria di P. Carlo Maria.
Ti auguro buona domenica.
Maurizio Bevilacqua

Ciao angelo,
invece di parole vorrei inviarti una foto che ho scelto tra quelle che mi ha mandato beppe
è del 2009 a Selva di Val Gardena
e il Padre Carlo Maria Martini sta camminando,
una delle ultime camminate che gli permetterà la malattia
forse sta pensando o pregando o tutte e due le cose
e forse ascolta musica e forse sta contemplando la bellezza e tutto questo
penso costituisca un Salmo
Edo lavelli

Grazie Angelo,
la notizia mi ha colto in viaggio per Venezia da dove sono partito per Madrid. Quanto bene ho ricevuto in venti anni di magistero ordinario e straordinario e poi l’incontro personale in due visite
pastorali al S. Ambrogio ad Fontes. Quel pomeriggio passato in una nostra stanzetta al secondo piano ancora non ristrutturato…
Pur nel suo rispetto assoluto delle persone e situazioni entrava nella vita…E`ENTRATO NELLA MIA VITA…che porti frutto. Sì che bello sarà il suo incontro con il Dio comunione di Gesù’…certamente ora sì’ abbagliato dal mistero tanto caro a lui.
Renato cmf

Grazie Angelo per questo messaggio. Alla notizia della morte di Martini mi sono venute alla mente due immagini: una di una sua visita pastorale a Santa Maria Hoé tanti anni fa e di una breve chiacchierata con lui. Più recente: una donna rinchiusa al centro di identificazione espulsione a Torino del Camerun se non erro… aveva una bibbia in mano…gliela aveva data Martini in occasione del suo battesimo avvenuto in Duomo a Milano (la donna aveva già 40) quando la Caritas di Milano l’aveva aiutata accolta e preparata al battesimo. La rivedo , senza denti a causa di un cancro al cervello, piangere di gioia quando le dissi che Martini era ancora in vita ed era appena tornato da Gerusalemme. Mi ripeteva: “E’ un padre per me, la luce che mi fa andare avanti” e questa bibbia che lui mi ha regalato, quando la apro la leggo, la prego e penso a lui. ” Mi aveva chiesto se potessi trovare l’indirizzo dove abitava e se potevo scrivere per lei una lettera, lo feci via mail ma non so se mai gli sia arrivata….nel frattempo la donna è stata rimpatriata nonostante il suo cancro al cervello fosse grave. Buona notte e buona domenica. Silvia