Divieto di balneazione alla Malpensata. Dopo la tragedia, riappaiono i cartelli

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Spiaggia della malpensata lecco
La spiaggetta della Malpensata, luogo frequentato dai bagnanti d'estate (foto archivio)

La vicesindaco: “Erano già stati messi ma poi strappati da alcuni vandali”

Il responsabile Opsa Lecco: “Il punto chiave è la prevenzione”

LECCO – Una tragedia quella di mercoledì che ha scosso l’intera città di Lecco. Un giovane di 18 anni che ha perso la vita nelle acque del lago antistanti piazza Antonio Stoppani, a pochi metri dalla riva, davanti agli occhi di amici e bagnanti.

Dopo il dramma, inevitabile interrogarsi su come incrementare la prevenzione. La “spiaggia” della Malpensata dove il giovane Aboubacar è annegato è vietata alla balneazione per motivi di sicurezza. “Peccato che nessun cartello indichi il divieto” è il commento di alcuni cittadini a margine della tragedia “forse sapendolo le persone eviterebbero di entrare in acqua”.

cartello divieto balneazione

I cartelli di divieto in effetti non c’erano mercoledì pomeriggio quando il gruppo di giovani, tra cui Aboubacar si è portato sulla ‘spiaggia’ della Malpensata popolata, come spesso accade in questa stagione, di avventori in cerca di un po’ di frescura. Sono apparsi giovedì pomeriggio, affissi sulla ringhiera lungo la passeggiata a lago. “E’ vietato stare in costume da bagno, tuffarsi nel lago, effettuare la balneazione” si legge sia in italiano che in inglese.

“I punti in cui si può fare il bagno a Lecco sono il lido della canottieri, il campeggio di Rivabella e la zona di Pradello – spiega Simona Piazza, vicesindaco e assessore alla Polizia locale -, tutte le altre rive sono vietate alla balneazione. Erano stati messi dei cartelli di divieto di balneazione, ma sono stati strappati dai vandali e secondo la norma non è obbligatorio installarli. La Polizia locale fa spesso dei controlli, ma non può piantonare le rive del lago”.

cartello divieto balneazione

Per non farne ‘solo’ una questione di divieti e normative, abbiamo chiesto a Alberto Guglielmo, responsabile Opsa Lecco (il gruppo di Operatori Polivalenti Salvataggio in Acqua del Comitato del Comprensorio Lecchese della Croce Rossa), alcuni consigli per una balneazione il più possibile sicura.

A sinistra Alberto Guglielmo, responsabile Opsa Lecco

“Sono due i tipi di incidenti per sommersione – spiega – in un caso l’incidente si verifica vicino a riva e solitamente dipende dal fatto che la persona entra in acqua anche se non sa nuotare. Dobbiamo ricordare che il fondo del lago non degrada gradualmente come il mare, ad un certo punto non si sente più il fondo”. A questo punto subentra il panico che porta ad annaspare anzichè tentare qualche bracciata per tornare verso riva: “Il ragazzo di 18anni che purtroppo è morto ieri nel lago, è stato ritrovato dai sommozzatori a 15 metri di profondità e non molto distante da riva, ma ricordiamo che il nostro lago raggiunge profondità anche di 200 metri un po’ più al largo”, continua Guglielmo.

La seconda casistica riguarda gli incidenti in acqua che avvengono al largo: “In questo caso di parla di sindrome da idrocuzione, una sincope data dall’immersione rapida in acqua che porta all’arresto respiratorio – aggiunge il responsabile Opsa -. Il lago di per se non è pericoloso, non ci sono correnti come nei fiumi, ma serve buon senso, avere coscienza delle proprie capacità di nuotare, conoscere il luogo, immergersi piano e non allontanarsi dalla riva”. Le località individuate dai Comuni in cui è consentito fare il bagno tengono conto di una serie di parametri, tra cui anche la conformazione del fondale e la conseguente sicurezza per i bagnanti.

L’importanza della prevenzione

“La morte per annegamento è silenziosa, le vie respiratorie vengono ostruite dall’acqua che non permette più di gridare e chiedere aiuto, si muore nel silenzio. Quando qualcuno si accorge dell’accaduto e chiama i soccorsi ormai è tardissimo“, continua il soccorritore. Il punto chiave è la prevenzione: “L’annegamento, da quando vediamo la persona annaspare alla totale sommersione, dura un paio di minuti – spiega Alberto Guglielmo – solitamente i soccorsi vengono chiamati quando la persona è già sparita fra le acque, bisogna aggiungere il tempo di attivazione della macchina dei soccorsi e delle ricerche. Quando si riesce a individuare la persona nella maggior parte dei casi è ormai troppo tardi e tentare la rianimazione diventa difficile. Dobbiamo puntare alla prevenzione: richiamare chi non sa nuotare e invitarlo a tornare verso riva, anche se  sono consigli che solitamente non funzionano”. Tentare il salvataggio, invece, se non si è abilitati è sconsigliato: “Il rischio è di annegare in due – prosegue Guglielmo – si tratta di manovre e tecniche molto difficili. E’ meglio lanciare qualcosa che galleggia per consentire alla persona in difficoltà di attaccarsi e tornare a riva”.